Pomodori, peperoni, carciofi, riso bianco, lenticchie, fagioli secchi ma anche frutta varia, tra cui fragole, uva da tavola, arance e melograni. Che cosa hanno in comune? Sono alimenti che importiamo dall’estero e risultati irregolari, nei quali è stata individuata una presenza di residui chimici illegali più che tripla rispetto a quelli Made in Italy, con i pericoli che si moltiplicano per gli ortaggi stranieri venduti in Italia che sono oltre otto volte più pericolosi della media dei prodotti nazionali.
Il dato emerge da un’analisi della Coldiretti sull’ultimo report del Ministero della Salute sul “Controllo ufficiale sui residui di prodotti fitosanitari negli alimenti” pubblicato a luglio 2020.Sui 10.737 campioni di alimenti (ortofrutta, cereali, olio, vino, baby food e altri prodotti) analizzati per verificare la presenza di residui di prodotti fitosanitari oltre il limite consentito appena lo 0,6% dei campioni di origine nazionale è risultato irregolare, ma la percentuale sale al 1,9% se si considerano solo gli alimenti di importazione e tra questi il record negativo è fatto segnare dagli ortaggi dall’estero con il 4,9%.
Una ragione in più per acquistare Made in Italy in una situazione in cui l’82% degli italiani, secondo l’indagine Coldiretti/Ixe’, privilegia nel carrello i prodotti tricolori per sostenere l’occupazione e l’economia nazionale in un momento particolarmente difficile per il Paese a causa dell’emergenza coronavirus.
“Se si evidenzia il primato del Made in Italy nella sicurezza alimentare a livello internazionale ed europeo, a preoccupare è la presenza sul territorio nazionale di alimenti di importazione con elevati livelli di residui. In particolare nell’ortofrutta quasi un ortaggio straniero su 20 venduti in Italia è fuorilegge per il contenuto di residui chimici”, ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco (in foto).
L’obbligo di indicare il Paese di origine in etichetta grazie al pressing della Coldiretti è in vigore per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi per i quali si attende a breve la pubblicazione del decreto.
“E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute” ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo nel sottolineare che “va esteso a tutti gli alimenti l’obbligo di indicare in etichetta la provenienza e tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero”.
A causa di decenni di sottovalutazione sul Belpaese pesa anche la riduzione del grado medio di autoapprovvigionamento dei prodotti agricoli che secondo l’analisi della Coldiretti è sceso a circa il 75% con l’Italia che è dipendente dall’estero per quasi tutti i prodotti agricoli, dalla carne al latte fino ai cereali e fatta eccezione solo per vino, frutta e carni avicole.
“L’allarme globale provocato dal Coronavirus – concludono Bianco e Rampazzo – ha fatto emergere una maggior consapevolezza sul valore strategico della filiera del cibo e delle necessarie garanzie di qualità e sicurezza ma ne sta però mettendo a nudo tutte le fragilità sulle quali è necessario intervenire con un piano nazionale per difendere la sovranità alimentare e non dipendere dall’estero in un momento di grandi tensioni internazionali sugli scambi commerciali”.
Non a caso la Coldiretti è impegnata nella mobilitazione #MangiaItaliano per favorire il consumo di cibo 100% tricolore: l’invito è quello di leggere attentamente le etichette e, quando possibile, privilegiare gli acquisti nei mercati di Campagna Amica, direttamente dal produttore per sostenere l’economia del territorio e tutelare la biodiversità.
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