Chiedo scusa per il gioco di parole ma il nuovo asse imperiale e miliardario Trump – Putin, che abbrevierei in Trumputin, mi ricorda, e non solo per assonanza, un famoso personaggio della storia russa, Rasputin, il consigliere dello zar Nicola II e della zarina Alexandra. Grigori Rasputin, crudele teorico del “divino assolutismo”, fu assassinato nel 1916 dopo avere causato con la sua dottrina una rivolta popolare contro il suo mentore, contribuendone alla caduta e allo scoppio della rivoluzione sovietica del 1917. Nell’attuale era della globalizzazione, l’asse Trumputin, che sembra condividere la dottrina di Rasputin, provoca la stessa reazione del popolo russo di allora in tutte le democrazie, innanzitutto in quelle europee, che incominciano a ribellarsi. La differenza tra un secolo fa e oggi è che difficilmente la loro rivolta spezzerà l’asse se non verrà sorretta da una rivolta dell’elettorato americano (quello russo è da tempo succubo di Putin). Ma il trumputismo su cui anche la Cina, per ora silente, sarà presto costretta a pronunciarsi, costituisce la minaccia più grave alla democrazia e agli equilibri internazionali dalla fine della Seconda guerra mondiale, e va comunque affrontato con grande decisione e coraggio. I Presidenti americano e russo si stanno comportando da monarchi, e non costituzionali, anzi da “masters of the universe”, padroni dell’universo.
L’obiettivo di Putin
Prima di parlare di Trump, parliamo di Putin. Che cosa egli abbia in mente più o meno lo ha detto. In primo luogo, Putin vuole un’Ucraina suddita della Russia, con un territorio ridotto di un quarto e priva della protezione della Nato, uno Stato fantoccio, avamposto di ulteriori incursioni di Mosca in Europa, a esempio nei Paesi Baltici se non in Polonia. A questo scopo, l’Ucraina dovrà firmare una resa incondizionata, con il presidente Zelensky in esilio a Parigi, tenere subito elezioni che verranno vinte da un candidato russofilo, e forse pagare pure ingenti danni di guerra al Cremlino. In secondo luogo, Putin vuole, o “permette” come dichiarato pubblicamente, che la nuova Ucraina entri nell’Ue. Per quali motivi? Non per generosità ovviamente, ma perché toccherebbe cosi all’Ue sostenere il costo enorme della sua ricostruzione, e perché tramite un’Ucraina amica la Russia metterebbe piede a Bruxelles, dove peraltro si è già affacciata tramite Paesi suoi fiancheggiatori come l’Ungheria e la Slovacchia. Per ultimo Putin vuole spaccare l’Europa in due ripristinando le sfere d’influenza anzi di dominio della Guerra fredda. Il nuovo zar intende fare dei negoziati con Trump un’altra Yalta. Ma a Yalta nel febbraio del 1945 sedettero in tre, Stalin per la Russia, Roosevelt per l’America, Churchill per l’Europa, mentre adesso l’Ue sarebbe soltanto una spettatrice.
Voltafaccia sull’Ucraina
Per le democrazie, gli obbiettivi di Putin sono inaccettabili. La guerra dell’Ucraina la ha scatenata lui, egli si è macchiato di crimini di guerra, e l’Ucraina non merita di diventare sua suddita. Occorre una pace giusta, esse obbiettano, garantita dalle grandi potenze, sia pure con un governo neutrale a Kiev. Lo zar non può essere legittimato, tanto meno premiato, per il suo spietato ricorso alla forza. Ma per Trump le democrazie, soprattutto quelle europee, sono irritanti e irrilevanti e l’Ucraina è l’agnello sacrificale sull’altare del suo asse con Putin. Trump è stato molto chiaro. La guerra la ha iniziata l’Ucraina, ha sostenuto, “Zelensky è un dittatore e un comico fallito che non ha mai tenuto elezioni … doveva firmare la pace anni fa … gli abbiamo dato 400 miliardi di dollari di aiuti”, una vergognosa esagerazione anche per un usuraio. E ha aggiunto: “Kiev abbassi i toni e ci fornisca gratis le materie strategiche delle terre rare”. All’Onu e al G7 inoltre Trump ha boicottato le mozioni “sull’aggressione russa” perché a suo parere si dovrebbe dire “sul conflitto ucraino”, abbracciando in tal modo oltre alle richieste anche il linguaggio di Putin. La sua spalla Elon Musk ha fatto molto di peggio affermando che Zelensky “si nutre dei cadaveri dei soldati ucraini”. Non meraviglia che gli antitrumpisti accusino Trump di tradire un alleato.
Gli obiettivi di Trump
C’è da chiedersi perché’ Trump si comporti così. Di certo non solo perché vuole la pace, in Ucraina e a Gaza, e la vuole veramente nella speranza di ricevere il premio Nobel e un terzo mandato, sì, un terzo, alla Putin, sebbene la Costituzione americana lo vieti. Trump è un uomo d’affari che vede nell’asse America-Russia il più importante investimento della sua vita e delle sue presidenze, per se stesso e per il suo Paese, e ricordo che come tale ha puntato con insistenza su Mosca per almeno trent’anni. E’ stato esplicito al riguardo, anticipando nel suo torrente di dichiarazioni una crescente collaborazione economica con Putin e una spartizione con lui dei mercati europei e internazionali. Di più: la formazione dell’asse gli permette di ridurre da un lato i contributi alla Nato, come sempre minacciato, e di esigere dall’altro forti concessioni finanziarie e commerciali dall’Ue. La sicurezza e l’autonomia dell’Europa non lo preoccupano anche perché confida, speriamo erroneamente, che più di uno Stato europeo si schieri per il trumputinismo. Per ultimo, Trump conta di sciogliere la grande intesa degli ultimi anni tra la Russia e la Cina, alleati in eterno stando al presidente cinese Xi, e di isolare la seconda. E’ significativo che abbia ospitato il presidente indiano Modi alla Casa Bianca e ignorato Xi, visto che l’India è una rivale storica della Cina.
Ucraina e Ue tradite?
E’ fondata l’accusa a Trump di avere tradito l’Ucraina e secondo molti anche l’Europa? A mio parere l’accusa è prematura, bisogna vedere che pace sarà e fino a che punto Putin collaborerà con lui. Con ogni probabilità l’asse Trumputin non raggiungerà tutti i suoi obbiettivi e Trump dovrà fare alcuni passi indietro rispetto agli alleati europei. Ma per l’Ucraina i precedenti della storia non sono confortanti e per l’Ue il cambiamento nei rapporti con l’America è epocale. Negli ultimi decenni, l’America ha abbandonato troppo spesso gli alleati minori, dal Vietnam all’Iran e dall’Iraq all’Afganistan, dopo averli usati e illusi per affermarsi quale unica Superpotenza, il monopolarismo che anima le sue destre. In ogni caso l’esito del “conflitto ucraino” come lo chiama Trump sarà la vittoria militare e politica di Putin, vittoria pagata a caro prezzo dai suoi soldati, da lui festeggiata nel terzo anniversario dell’invasione, una tragica beffa per le democrazie e per l’intero Occidente. Ne conseguirà che, senza gli Usa, l’Ucraina avrà più bisogno che mai dell’Ue e non solo per le proprie ricostruzione e protezione ma anche per la soluzione di gravi problemi umanitari come il rapimento di quasi ventimila bambini da parte della Russia, bambini attesi da genitori disperati, come i prigionieri di guerra, come i feriti e gli ammalati.
La partita è aperta
La partita tra l’Ue e gli Usa è invece aperta, come dimostrano le visite del premier inglese Starmer e del presidente francese Macron a Trump di questa settimana, e quelle parallele del presidente del Consiglio Europeo Costa e del capo della Commissione Von der Leyen a Zelesnky. Il Presidente americano ha escluso sia Bruxelles sia Kiev dai suoi negoziati con Putin, ma non potrà scavalcarli quando si tratterà di applicare gli accordi che stipulerà con lui, né strappare agli ucraini le ambite terre rare o scegliere chi andrà al governo senza concedere loro qualcosa. E l’Ue è in grado di esercitare forti pressioni sull’asse Trumputin perché nell’high tech e in vari settori industriali ha punti di eccellenza di cui l’America abbisogna e perché ha pronte altre sanzioni contro la Russia, di cui ha confiscato beni per 200 miliardi di euro eventualmente destinabili all’Ucraina. Inoltre non sarà sola nel tentativo di contenere il trumputinismo, l’aiuteranno l’opposizione interna Usa, la Cina e numerosi Paesi in via di sviluppo. Va tenuto anche conto che con le elezioni tedesche si è aperta una nuova pagina nella storia dell’Ue, una potenza con due arsenali atomici, uno inglese e l’altro francese, la pagina del suo risveglio e del riesame della Nato, a cui partecipa l’Inghilterra, la pentita della Brexit, grazie al nuovo governo laburista.
Nuovo ordine internazionale
L’Italia ha la fortuna di avere in Mario Draghi uno dei più ascoltati leader europei. E Draghi ha esortato i membri dell’Ue “ad agire come se fossero un unico Stato”. Lo ha fatto perché prima del trumputinismo il rafforzamento dell’Ue era soltanto la molla della sua crescita, ma adesso è prima di tutto la molla della sua sopravvivenza e della sopravvivenza delle democrazie nel mondo. Trump e Putin e i loro tecnocrati, tra i quali Elon Musk (che mi rammenta il Dottor Stranamore, lo scienziato che aveva imparato ad amare l’atomica, con essa Musk vorrebbe persino bombardare Marte), stanno trasformando i cittadini e gli elettori in consumatori e in robot, intenzionalmente o no. Noi europei abbiamo l’obbligo morale e politico di impedirglielo. Sovvengo il detto del presidente americano Clinton: “Dobbiamo fare degli Usa una più perfetta unione”. Quel più è pleonastico, ma l’Europa deve appropriarsi del concetto e proporsi come architetto di un nuovo ordine internazionale che non lasci spazio all’imperialismo, al colonialismo, all’estremismo e agli altri ismi che ci affliggono, e che combatta le disuguaglianze, la fame, la malasanità e via di seguito nel nome della sacralità della vita umana. Servono, come si dice oggi, non politici tipo Rasputin ma politici tipo Mandela, il leader pacifista che unì il Sudafrica dopo l’apartheid.
Ennio Caretto