CASALE (m.f.) – Una Chiesa in cammino con gioia, con i cristiani capaci di non cedere alle “lamentazioni”, capaci di aprirsi alle persone e di ascoltarle, soprattutto quelle persone che si sentono ai margini della Chiesa stessa, capaci di testimoniare con gioia la fede in Gesù e di apprezzare i talenti degli altri invece di invidiarli, capaci di lasciarsi illuminare dalla Parola di Dio e di pregare, capaci di vivere la gioia di seminare e di lasciare a chi verrà dopo la raccolta dei frutti di quel lavoro. Sono alcune delle “suggestioni” giunte l’altra sera, martedì 6 settembre, nell’incontro in cattedrale con l’arcivescovo Erio Castellucci, vice presidente della Cei. E’ un ulteriore passo nell’attuazione del Sinodo. Come ha sottolineato il vescovo Gianni Sacchi, “è l’inizio della seconda fase del cammino sinodale” e il prossimo appuntamento sarà mercoledì della prossima settimana, alle 20,45, sempre in cattedrale, con l’Assemblea diocesana. Un incontro aperto a tutti, come quello dell’altra sera, che ha visto la navata centrale del duomo trasformata in area di lavoro, con la suddivisione in gruppi dei partecipanti.
Monsignor Erio Castellucci è stato accolto dal vescovo monsignor Gianni Sacchi e dal vicario monsignor Désiré Azogou. Il vice presidente della Cei ha parlato a braccio, per offrire spunti di riflessione ai gruppi. Da loro sono arrivati poi vari quesiti, che hanno dato l’occasione all’arcivescovo di completare la sua esposizione.
La riflessione è partita dalla lettura del brano del Vangelo di Luca riguardante la chiamata degli apostoli, con il vescovo Gianni che ha sottolineato come “Gesù prima di ogni decisione importante prega: la preghiera deve illuminare tutto”.
“Vieni e seguimi”
“La Chiesa è nata durante una crisi – ha detto l’arcivescovo Castellucci -. Il criterio di Gesù nella selezione, nella scelta degli apostoli è semplice: ‘Vieni e seguimi’. Non ha voluto una Chiesa formata in partenza dai perfetti, ma una Chiesa in cammino: la santità è la meta”. Uno spaccato della Chiesa delle origini, ha ricordato monsignor Castellucci, si trova nella prima lettera di Paolo ai Corinzi, indirizzata “a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, ai santi per chiamata”. “Poi però Paolo prende la frusta e comincia a picchiare contro divisioni, immoralità, il rivaleggiare sui carismi. La Chiesa nasce immersa nell’umano, la santità la pone come meta”.
L’arcivescovo ha ricordato come Papa Francesco si sia definito “un peccatore in cammino” e la Chiesa è fatta di “peccatori in cammino”. “Il Signore – ha aggiunto – ha voluto la Chiesa come comunità in cammino, ha detto ‘vieni e seguimi’, non ‘siediti’. Gesù ha educato i discepoli facendo loro incontrare persone in carne e ossa. Fare Sinodo significa riscoprire il senso del cammino fatto insieme, sapendo che siamo fragili. Non è un caso che papa Francesco abbia costituito la sinodalità come dimensione permanente della Chiesa. Il Sinodo è la Chiesa, cioè un popolo che cammina”.
Attenzione alle lamentazioni
“E’ importante denunciare criticamente le fragilità, le ferite, quello che non va, ma attenzione a mantenere le proporzioni – ha detto l’arcivescovo -. Nella Bibbia c’è il Libro delle Lamentazioni. Sono 4 capitoli, mentre quelli dei Vangeli sono 88. La proporzione è di 1 a 22. C’è un eccesso di lamento. L’annuncio deve essere gioioso e proiettare speranza. Fare Sinodo è anche valorizzare i doni che Dio ha messo negli altri”, è il contrario dell’invidia.
Un nuovo contesto
Monsignor Castellucci ha definito entusiasmante per un cristiano questo nostro tempo difficile e drammatico. Ma “come essere entusiasti in questa crisi che a volte assomiglia ad una attraversata nel deserto? E’ molto più interessante essere nella crisi di oggi che qualche decennio fa: si è cristiani per convinzione e non per convenzione. Non c’è più la cristianità tradizionale, sgretolatasi a tutti i livelli, ma questo ci dà nuove opportunità di annuncio”.
In questo mondo che cambia, poi, “c’è una nuova sete di senso della vita (chi siamo? dove andiamo?), che però va ascoltata, scoperta. Quando si scopre che credere in Cristo non toglie nulla, anzi rende la vita più bella, si sta bene”. Nel cammino che fa la Chiesa, non si può più puntare su riscontri di massa ma occorre “cercare sempre più l’incontro, pensando che lo Spirito Santo lavora e lavorerà sempre, ma ci chiede un approccio diverso: approcciare le persone prima di tutto ascoltando. Gesù non ha chiesto ‘quanti siamo?’, non ci ha chiesto di conteggiare, ma di contagiare, di trasmettere un po’ di gioia, con convinzione”.
Il metodo suggerito per “contagiare” è quello del seminatore. Lavorare con gioia alla semina sapendo che, come ci insegnano anche i santi, probabilmente non saremo noi a raccogliere i frutti.
Il cammino del Sinodo ora prosegue nella sua seconda fase, puntando in particolare su tre aspetti ispirati all’incontro di Gesù a Betania con Marta e Maria: la comunità come famiglia; l’ascolto come cuore del servizio; l’incontro con le persone che non si sentono parte viva della comunità.
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