La carneficina dei cristiani continua nel totale silenzio dell’Occidente, della politica, dalle organizzazioni umanitarie, dei media. E nella Corea del Nord imperversa indisturbato da più di sessant’anni un regime di terrore che ha trasformato il Paese in un lager a cielo aperto dove i diritti umani non esistono e dove si perpetrano i peggiori delitti contro l’umanità. In Nigeria più di cento persone sono state sgozzate dai fondamentalisti islamici Boko Haram nel villaggio di Izghe, assaltato dai lupi famelici al grido «Allah è grande» che hanno radunato gli abitanti prima di massacrarli, li hanno braccati casa per casa, hanno bruciato le abitazioni, hanno saccheggiato i negozi, sono fuggiti nella foresta. «Una situazione drammatica di terribile violenza colpisce tantissimi innocenti tra cui molti cristiani» denuncia il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi. Boko Haram adotta la strategia del fondamentalismo contro i cristiani e contro i musulmani che non accettano l’Islam radicale. La persecuzione anti-cristiana è aumentata in tutto il mondo e l’Africa è diventato «un campo di battaglia contro le Chiese cristiane». Lo sostiene l’«Indice mondiale della persecuzione» della Ong internazionale «Open Doors» sui 50 Paesi più pericolosi per stragi, atti violenti, pressioni, leggi anti-libertà religiosa e comportamenti intimidatori. «Persecuzione assoluta» in Corea del Nord, il Paese più ostile; «persecuzione estrema» in Somalia, Siria, Iraq, Afghanistan, Arabia Saudita, Maldive, Pakistan, Iran, Yemen; «persecuzione molto dura» in Colombia con rapimenti e omicidi delle Forze armate rivoluzionarie (Farc) contro quanti si oppongono alla guerriglia, al narcotraffico, al crimine; «persecuzione dura» in Cina, India, Egitto. La Repubblica Centrafricana è dilaniata da una ferocissima guerra civile per impadronirsi delle succulente ricchezze del sottosuolo. Dei 50 Paesi più pericolosi 18 sono africani e in 36 domina l’estremismo islamico.
Audrey Radondy, direttore dell’Associazione «Portes ouvertes France» spiega: «L’integralismo islamico è in espansione, come il radicalismo induista in India, il radicalismo buddista in Sri Lanka. Enormi difficoltà vivono i musulmani che lasciano o intendono lasciare l’Islam per diventare cristiani. In Colombia la Chiesa è perseguitata perché fronteggia le Farc e rappresenta l’opposizione al crimine». Nella guerra civile in Siria si inserisce una seconda guerra tra le fazioni islamiche, così i cristiani ne fanno le spese e fuggono. In Iraq in una decina d’anni i cristiani sono precipitati da 1 milione e 300 mila a 250-300 mila. «Non licet esse christianos. I cristiani non devono esistere». Sembra di essere tornati indietro di duemila anni. Nel 35 dopo Cristo il Senato di Roma non ammise il Cristianesimo come «religio licita» e condannò i cristiani a terribili persecuzioni. Fino al maggio 313 fa quando, dal vertice a Milano tra gli imperatori Costantino (Occidente) e Licinio (Oriente), uscì l’«editto di tolleranza» che rovesciava l’ordine di genocidio del Senato: «A nessuno deve essere rifiutata la libertà di seguire e scegliere l’osservanza e il culto dei cristiani» ed estendeva a tutto l’Impero l’editto di tolleranza di Galerio del 311. Si direbbe che la storia abbia insegnato poco o nulla. Il 26 dicembre 2013, festa del protomartire Stefano, Papa Francesco spiega: «Nel martirio la violenza è vinta dall’amore e la morte dalla vita. La Chiesa vede nel sacrificio dei martiri la loro nascita al cielo. Nel martirio si riproduce il confronto tra bene e male, tra odio e perdono, tra mitezza e violenza». Invita a pregare «per i cristiani che subiscono discriminazioni. Sono sicuro che i cristiani perseguitati sono più numerosi oggi che nei primi tempi». Anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I osserva che «oggi come allora Cristo è perseguitato nei deboli da tutti gli Erode contemporanei in Siria, Egitto, Libano, Europa, America; è incarcerato come i due vescovi in Siria, le monache ortodosse e molti cristiani; è crocifisso con chi è torturato e ucciso per non tradire la fede; è messo a morte come migliaia di embrioni cui è impedito di nascere».
Lo studioso Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della libertà religiosa in Italia, calcola che nel 2013 siano stati uccisi nel mondo 70-80 mila cristiani, rispetto ai 100 mila del 2012. La Commissione sulla libertà religiosa internazionale degli Stati Uniti mette in fila 8 Paesi massacratori di cristiani: Birmania, Cina, Eritrea, Iran, Corea del Nord, Arabia Saudita, Sudan e Uzbekistan. Terrificante la condizione della Corea del Nord, come documenta il rapporto di una Commissione d’inchiesta Onu sulla violazione dei diritti umani. Negli ultimi 50 anni, «centinaia di migliaia di prigionieri politici sono morti nei campi di prigionia» gradualmente eliminati con una politica deliberata di fame, lavori forzati, esecuzioni, tortura, stupri, aborti forzati, infanticidi. La Commissione – composta dall’australiano Michael Kirby, dalla serba Sonja Biserko e dall’indonesiano Marzuki Darusman – ha raccolto in udienze pubbliche le testimonianze di 80 derelitti fuggiti a Seul, Tokyo, Londra, Washington, e ha svolto più di 240 interviste confidenziali con le vittime e altre persone, in estrema riservatezza per non metterle in pericolo. Sono racconti dell’orrore. Un sopravvissuto a un campo di prigionia ha raccontato di una donna incinta che, pur gravemente malnutrita, è riuscita a dare alla luce un bambino ma il pianto del piccolo ha disturbato una guardia che, prima ha picchiato la donna, poi l’ha costretta ad annegare il neonato con le sue stesse mani. Nuove forme di persecuzione anti-cristiane si diffondono in Occidente: scienziati discriminati per l’appartenenza religiosa; vescovi denunciati perché contrari all’aborto; libri, giornali e radio censurati; le Nazioni Unite, con il pretesto della lotta alla pedofilia, esigono che la Chiesa cambi dottrina e insegnamento su aborto, omosessualità, regolazione delle nascite. Negli Stati Uniti la legge «Employment Non-Discrimination Act» dovrebbe impedire la discriminazione sul posto di lavoro, in realtà persegue la diffusione dell’ideologia del «Gender» e limita la libertà di chi non la condivide: così i vescovi sono stati denunciati da chi dice di difendere le libertà perché con la posizione anti-aborto mettono in pericolo la vita delle gestanti.
Pier Giuseppe Accornero