Proseguono le reazioni alla sentenza di condanna a 12 anni di reclusione per Stephan Schmidheiny, unico imputato al processo Eternit Bis. L’imprenditore, fino al 1986 proprietario dello stabilimento Eternit di Casale, è stato riconosciuto colpevole di omicidio colposo aggravato per una parte delle 392 morti legate all’esposizione all’amianto.
“Ci consideriamo moderatamente soddisfatti pur con la consapevolezza che la lotta non è finita in quanto gli avvocati hanno già preannunciato il ricorso – commenta Giuliana Giusto, presidente dell’areva, l’associazione dei familiari e vittime dell’amianto – . Ma in aula, la parola ‘colpevole’ ripetuta più volte, in un clima di emozionante tensione, ha dato finalmente un senso alla nostra lotta ed a queste 41 udienze vissute con momenti non sempre facili, specialmente quando abbiamo sentito considerazioni che smontavano le diagnosi di mesotelioma o che questa patologia, a Casale, veniva diagnosticata con troppa facilità. I 392 nomi delle vittime, pronunciati uno per uno, hanno fatto sì che gli occhi dei presenti, familiari e amici, si riempissero di lacrime nel ricordo di un volto, di un sorriso, un pezzo di vita. 392 non è solo un numero: sono persone, sogni, speranze… futuro interrotto”.
Anche il Pd di Casale si è espresso: “È una sentenza tra il chiaro e lo scuro. Essendo stato declassato il reato da omicidio volontario con dolo eventuale a omicidio colposo aggravato, c’è un lato positivo: vale a dire una condanna significativa a 12 anni per la maggioranza delle parti lese. Questa sentenza ha dato un segnale più equo al danno attraverso i risarcimenti provvisionali più consistenti a tutte le parti. Incombe, tuttavia, la prescrizione. Questa sentenza reggerà sino alla Cassazione? Il potere legislativo deve mettere in atto le misure necessarie per evitare che tragedie di questo tipo con tante vittime vedano intervenire la prescrizione e quindi dichiarare il fallimento della giustizia stessa e la beffa per tutte le vittime. Oggi abbiamo fatto una buona tappa, speriamo di arrivare in cima alla montagna! Il Partito democratico di Casale Monferrato sarà sempre a fianco della società civile e sosterrà in ogni sede la giusta causa delle vittime dell’amianto perché la Giustizia faccia il suo corso, sino in fondo”.
Un commento arriva anche da Antonello Patta, responsabile nazionale lavoro, e Alberto Deambrogio, segretario del Piemonte del Partito della Rifondazione Comunista/Sinistra Europea: “È una sentenza per omicidio colposo aggravato quella che ha sancito la condanna a 12 anni di carcere, più l’interdizione per 5 anni dai pubblici uffici, per l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny riconosciuto colpevole di violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro che ha causato 392 vittime di amianto a Casale. Un verdetto positivo perché arriva dopo l’annullamento della sentenza di condanna di Schmidheiny da parte della Cassazione nel 2014 e perché, contrariamente a quell’atto, si riconosce che il danno sul territorio era ed è permanente. Nel casalese si moriva e si continua a morire di amianto: tra i 76 e l’86 morivano 50 persone all’anno, oggi 35. Ma sebbene il reato imputato sia concreto nel suo impatto punitivo, e anzi segni un passo importante dopo anni di totale ingiustizia, non corrisponde alla richiesta di condanna per omicidio volontario e dolo eventuale avanzata dall’accusa in riferimento alla gestione dello stabilimento e alla fuga criminale lasciando nel territorio una bomba mortale per la salute della comunità; non risponde alla sete di giustizia di molte famiglie perché implica che molte di quelle morti, avvenute da più di quindici anni, siano considerate prescritte; soprattutto solleva la contrarietà di chi, come l’associazione dei familiari delle vittime dell’amianto, lotta da decenni per avere giustizia per le vittime e per quel territorio martoriato e vede il rischio che il declassamento del reato apra la strada a nuove prescrizioni. Rifondazione Comunista è al fianco delle associazioni dei familiari di tutte le vittime dei morti sul lavoro e per il lavoro e lotta con loro per rendere davvero cogenti le norme sulla prevenzione e la sicurezza e per il pieno riconoscimento delle malattie professionali e dei reati ambientali”.