CASALE – Ladri di torrone alla Fiera San Giuseppe. Asportato un quintale di dolce tradizionale dal furgone del Diavolo del Torrone, di proprietà di Primo Fortina, uno dei torronai più conosciuti e apprezzati d’Italia. A commettere il furto cinque ragazzi minorenni, quattro stranieri e un italiano, tutti fra i sedici e i diciassette anni, residenti a Casale, che sono stati subito scoperti dai carabinieri del Nucleo radiomobile e denunciati al Tribunale dei Minori di Torino per furto aggravato. Il colpo è stato messo a segno la sera di martedì, poco dopo le 22,30, sotto la galleria di Cinelandia, proprio all’ingresso dalla mostra regionale di San Giuseppe, dove si trova il noto bancone del Diavolo del Torrone. I ragazzotti dopo aver forzato il furgone-bancarella, che a quell’ora era già chiuso, hanno fatto incetta di grossi pezzi di torrone, ben un quintale, che poi hanno cercato di portar via, ma sono stati intercettati dai militari dell’autoradio e bloccati. E così scattata la denuncia. “In decenni di attività sulla piazza casalese è la prima volta che subiamo un furto – spiega Primo Fortina figura storica del commercio casalese – a dire il vero non abbiamo mai nemmeno avuto una riga sui nostri furgoni. E’ un gesto che non riesco a spiegarmi, capirei se avessero rubato qualche pezzo per mangiarselo, ma un quintale, non so proprio”.
E poi ricorda il forte legame della famiglia Fortina con il territorio: “Siamo sulla piazza con mio nonno dal 1896. Un lavoro, una tradizione, una passione che ci tramandiamo da padre in figlio. Un torrone di nostra produzione che punta sulla qualità, fatto con nocciole Piemonte Igp dove controlliamo tutta la filiera, sapendo dove vengono raccolte, chi le raccoglie, calibro e tostatura”. Da sempre il banco del Diavolo del Torrone accompagna i momenti di festa dei monferrini. “Siamo partiti dal carrettino, fino ai furgoni moderni, sempre con la stessa passione e mio padre Eugenio era stato insignito del riconoscimento di “Beneattore” in quanto donava sempre il nostro torrone agli orfanelli di Torino, tanto che le suore quando scrissero a Roma per illustrarne l’operato sottolinearono che in Piemonte c’era un buon “diavolo” che pensava con amore a tanti ragazzini senza famiglia”.
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