CASALE – Parte oggi, giovedì 12 gennaio, la nuova rubrica del nostro giornale dedicata ai giovani e al mondo della scuola. Qui i ragazzi e gli studenti possono pubblicare i loro interventi e testimonianze sulla vita in classe, nella quotidianità ma anche a contatto con la società che li circonda, riflettendo su temi di attualità e argomenti che sono oggetto di dibattito a livello nazionale e internazionale. Per inviare gli interventi al giornale ci si può rivolgere ai propri insegnanti di riferimento o ai dirigenti scolastici. I primi testi arrivano dall’Istituto Sobrero, con alcune riflessioni sul ruolo della donna in Afghanistan.
Emma Ravagnani, V Liceo Internazionale
C’è stato un tempo, nella civiltà occidentale, in cui un libro per una donna era visto come pane per i denti del diavolo; il sapere, la conoscenza e l’abilità di pensiero non permettevano all’uomo di sottometterla. Ad oggi milioni di donne, in Afghanistan e in altri paesi dell’oriente, rivivono lo stesso incubo delle nostre antenate. Una donna istruita pretende (giustamente) ciò che le spetta: un lavoro, una retribuzione, dei diritti; una donna istruita è cosciente del suo valore, è in grado di difendersi dai soprusi, sa compiere le proprie scelte; una donna istruita ha padronanza della propria lingua e di quelle altrui, può istruire, può rivoltare milioni di sue pari contro uno stato misogino, maschilista e ottuso che non vuole e soprattutto non può correre il rischio di garantirle una formazione. Una donna istruita fa paura a una società che sfrutta la sua ignoranza. Sembra così lontano questo mondo in cui le ragazze vivono nel terrore a causa della loro sete di sapere, sono tanti i quasi 7000 chilometri che ci separano dalle tante connazionali di Malala Yousafzai che rischiano e spesso perdono la vita per studiare; eppure non siamo così distanti, noi come loro vogliamo essere indipendenti, libere e vedere i nostri diritti garantiti; allora perché siamo così distaccati da quella realtà? In una società come la nostra, in cui purtroppo prevale l’egoismo, colei o colui che si interessa di questioni simili appare come un paladino della giustizia e, nel caso di una donna, una fervente e convinta femminista; non lo trovo corretto: non dovrebbe essere una peculiarità interessarsi delle ingiustizie vicino e lontano da noi ma una normale abitudine. Siamo fortunate, estremamente fortunate, a poterci lamentare di quanto la scuola sia stancante e noiosa, a poter discutere ed esporre il nostro pensiero, a conoscere i nostri diritti in modo da farli valere. È un privilegio quello di poter contestare le argomentazioni altrui, soprattutto se di un uomo perché sfortunatamente la brutta abitudine di sottovalutare il genere femminile non è ancora scomparsa, neanche in una società che vanta tanto progresso come la nostra. Dobbiamo studiare, apprendere, nutrire la nostra mente per poter aiutare i milioni di ragazze che non possono fare lo stesso e assicurarci che anche la nostra parola, oltre alla loro, possa sempre avere la risonanza che merita: non dovremmo mai darla per scontata e ricordarci sempre della fortuna ma soprattutto della forza che abbiamo.
Dusio Erica, IV Liceo Internazionale
In molti Stati del mondo ancora oggi i diritti delle donne vengono calpestati, la voce di molte persone viene schiacciata e le proteste sono ignorate. In tutti gli Stati Europei la retribuzione di una donna è inferiore a quella di un uomo, a parità di professione, livello e qualifiche. Fin dall’alba dei tempi i cittadini maschi hanno potuto votare e avevano la possibilità di fare carriera in politica, mentre le donne hanno dovuto aspettare, in Italia per esempio, fino alla fine della seconda guerra mondiale. Questi sono solo degli esempi di come le donne sono da sempre state ritenute inferiori rispetto agli uomini e anche se ora ci sono molti movimenti che cercano di sensibilizzare le persone a riguardo, versano in uno stato forse peggiore di allora: un tristemente noto esempio è l’Afghanistan, dove alle donne è vietato guidare o frequentare la scuola. Qualsiasi azione che ognuno di noi riterrebbe parte integrante della propria quotidianità è vietata alle donne afghane, solo perché nate in quel Paese: fare una passeggiata da sole in un parco, essere libere di esprimersi e di vestirsi come preferiscono… queste sono solo poche delle libertà che sono state loro negate. Dal 20 settembre del 2021 le ragazze afgane sopra i dodici anni, se si recano a scuola, vengono mandate a casa, “al loro posto”: il passaggio da infanzia ad adolescenza non è più bramato perché finalmente si diventa grandi e liberi, ma si aspetta con ansia e timore perché a quel punto della vita del circa 44% della popolazione viene negato un diritto fondamentale, quello all’istruzione. E verrebbe spontaneo chiedersi il perché.
Perché negare un qualcosa di così importante ad una persona solo perché donna? Cos’è che le donne non hanno, ma che gli uomini invece sì? La risposta è niente. Si è vissuti per secoli e secoli in un mondo patriarcale, con la convinzione che uomo e donna fossero quasi due specie diverse, ognuno con i propri corpi e caratteristiche: viene spontaneo pensare che una figura robusta sia più indicata per la caccia rispetto ad una esile, vero? E solo perché qualcuno è interessato al proprio aspetto significa che è un essere frivolo, che non potrebbe mai laurearsi in economia o legge, o più semplicemente laurearsi, giusto? A questo punto, mi chiedo perché dobbiamo anche solo provarci. Dopo tutto, “l’hanno detto loro”, quindi per forza è vero.
“Ipse dixit”, che tradotto significa “l’ha detto lui”. La più grande fallacia di tutti i tempi. Se Aristotele non aveva ragione, perché non potremmo considerare che anche noi stiamo sbagliando? Quando leggiamo notizie sulle restrizioni che perseguitano le donne dovremmo provare sgomento, indignazione. Dovremmo alzarci dalla sedia, chiudere il giornale o spegnere il telefono, perché è semplicemente inaccettabile che a delle persone venga negato un qualcosa che dovrebbe essere loro dalla nascita, che non dovrebbe essere nemmeno messo in dubbio. Perché se non iniziamo a combattere ora, iniziare sarà sempre più difficile. Come pretendiamo di definirci “esseri umani” se non siamo i primi a combattere per ciò che è giusto? Se non siamo noi coloro che dicono: “Non va bene”, “La situazione deve cambiare”.
Perché la situazione deve cambiare. Deve, o finiremo in un mondo che nemmeno il più pazzo tra gli scrittori distopici potrebbe immaginare; un mondo dove le ragazze non possono più istruirsi, situazione dettata dall’ignoranza e dalla povertà, la prima delle due che va sempre più ad espandersi.
Discendiamo da una tradizione maschilista, ma senza le donne, intese come esseri umani e non come oggetti o muse, non ci sarebbero l’arte e la musica. Discendiamo da una tradizione maschilista, ma senza le donne gli uomini non sarebbero neanche arrivati al secondo millennio.
Nicole Musso, classe V Liceo Internazionale
Quella delle donne afghane non è vita. I Talebani stanno togliendo loro tutto a partire da uno dei diritti fondamentali dell’uomo: il diritto allo studio. Per ogni individuo, studiare non vuol dire solo apprendere nuove conoscenze, ma è sinonimo di uguaglianza, di libertà di scelta, di comunità e di un’esistenza degna di essere vissuta. Probabilmente ci sono milioni di studenti italiani ed europei, come me, che non riescono a comprendere la preziosità di questo diritto, ma per le giovani ragazze in Afghanistan studiare è l’unica possibilità di successo e di miglioramento della loro realtà. Possibilità che, da quando è tornato il governo talebano nel Paese, è praticamente inesistente; infatti, nonostante la vaga promessa di garantire il rispetto dei diritti delle donne, il nuovo governo non ha perso tempo per ostacolare l’istruzione femminile e per silenziare e sopprimere nel sangue ogni forma di rivolta. Le ragazze afghane stanno combattendo coraggiosamente contro il regime talebano perché si sentono svuotate dai loro interessi e private del loro futuro, solo per il fatto di essere donne. Tutto ciò è una vergogna, è una situazione disastrosa di cui si dovrebbe parlare ogni giorno di più soprattutto tra noi europei che, grazie al diritto allo studio, abbiamo dato e continuiamo a dare la possibilità alle donne di raggiungere le cariche più prestigiose delle nostre istituzioni, ma purtroppo è questo il problema del mondo occidentale: l’attenzione dura poco, giusto il tempo che arrivi qualcosa più interessante.