CASALE – Una cinquantina di anni fa un seminarista tedesco che frequentava una prestigiosa Università Pontificia a Roma, dove prima del Concilio la lingua ufficiale era ancora il latino, fu interrogato dal Professore che pose questa domanda: “Quod est conopeum?” (il conopeo è la tendina con i colori liturgici posta sulla porticina del tabernacolo).
A questo termine ostico, che suscitava smarrite e forse inconfessabili risonanze, lo sciagurato seminarista azzardò: “Gravissimum contra sextum!”. (Peccato gravissimo contro il sesto comandamento)…
Una volta era il latino ad essere talvolta incomprensibile, ora è l’inglese. Pare addirittura che i burocrati lo facciano apposta per mettere nel vago quello che il buon italiano dice meglio e in modo che tutti potrebbero capire.
Così il “job act” confonde, ma basterebbe dire “legge sul lavoro” per farsi capire e invece di “bail in” (niente paura, non è genovese ma inglese e significa “salvataggio interno” che si applica alle banche in deficit per crediti inesigibili, che non possono essere messi in sofferenza indeterminata ma sono azzerati prima dalle riserve della banca, poi dagli azionisti, quindi dagli obbligazionisti e se non basta si attinge dai conti correnti dei clienti. E che dire della “steptchild adoption” che ha un vago rimando a qualcosa di ombroso, quasi innominabile, che allontana la discussione di quelli che così non si qualificano nemmeno come favorevoli o contrari.
E si tratta invece della adozione del figliastro, proposta al patrigno o alla matrigna.
E qui, mi si consenta, nessuno può dirsi contro l’adozione di un figliastro biologico se avviene in una famiglia con un papà e una mamma, come la natura e il buon senso vogliono, cioè uomo e donna, ma la ineffabile Monica Cirinnà proprio qui (e non solo qui) ha voluto confondere le carte.
p.b.
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