«Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste». Papa Francesco all’Angelus del 23 gennaio 2022 lancia «un accorato appello a tutte le persone di buona volontà perché elevino preghiere a Dio affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte. Chi persegue i propri scopi a danno degli altri, disprezza la propria vocazione di uomo, perché tutti siamo stati creati fratelli. Viste le tensioni attuali» propone per mercoledì 26 gennaio 2022 una giornata di preghiera per la pace.
Ancora una volta invoca la forza della preghiera per vincere l’odio, la guerra e la morte. Il Vescovo di Roma convoca i cristiani per far fronte con la fede e la preghiera alla pressante minaccia dello «zar» del Cremlino Vladimir Putin sull’Ucraina e sull’Europa. Una prassi inaugurata da Papa Wojtyla che nello storico incontro ad Assisi il 27 ottobre 1986 riunì le grandi religioni e le confessioni cristiane a pregare per la pace nel mondo minacciata da una sfrenata corsa agli armamenti atomici. Un altro incontro di preghiera per la pace nel mondo avviene ad Assisi il 24 gennaio 2002. Benedetto XVI il 27 ottobre 2011 presiede l’incontro nel 25° del primo appuntamento. Francesco indice quattro incontri di preghiera per la pace: in Siria (7 settembre 2013); in Medio Oriente con i presidenti Shimon Peres (israeliano) e Abu Mazen (palestinese) l’8 giugno 2014 in Vaticano; nella Repubblica Democratica del Congo e nel Sud Sudan (23 novembre 2017); in Libano (1° luglio 2021).
Un’Ucraina piena di «ferite» si presenta ai metropoliti greco-cattolici riuniti in Sinodo con Francesco in Vaticano (5-6 luglio 2019) dopo l’incontro del Pontefice con Vladimir Putin (4 luglio). Il conflitto del Donbass; occupazione russa della Crimea; massicce migrazioni; tensioni intra-ecclesiali dopo la concessione da Costantinopoli dell’autocefalia alla Chiesa ortodossa ucraina, che si sottrae al comando di Mosca. Una situazione delicata e complessa che rende necessario l’incontro dei vertici. Al centro dell’ampio discorso papale la pace nel Paese e la testimonianza della Chiesa, che Bergoglio chiede «vibrante» con la preghiera, la vicinanza a chi soffre, la «sinodalità» che significa «camminare insieme, con mitezza e docilità». Dal 2014 l’Ucraina è travolta da un conflitto «ibrido» nel quale i responsabili si mimetizzano, una guerra nella quale «i deboli e piccoli pagano il prezzo più alto», un conflitto aggravato da falsità e manipolazioni. La «guerra del Donbass» – iniziata da Putin nella primavera 2014 e deflagrata in sanguinosi scontri tra forze ucraine e separatisti filorussi – causa oltre 10 mila morti e 2 milioni di sfollati. Il Papa chiede «al Dio di ogni consolazione di confortare gli animi di chi ha perduto i propri cari, di chi porta le ferite nel corpo e nello spirito, di chi ha dovuto lasciare la casa e il lavoro e cercare un futuro più umano lontano». Nelle guerre la Chiesa deve «rendere testimonianza alla speranza cristiana, che non cede allo scoraggiamento, che fa risplendere la risurrezione e la vita anche nelle notti più oscure. Nei periodi difficili la priorità per i credenti è stare uniti a Gesù».
«Nella notte del conflitto il Signore chiede ai suoi di vegliare e pregare, non di difendersi, né tanto meno attaccare. La Chiesa è chiamata a realizzare la sua missione pastorale con la vicinanza a quanti attraversano la notte del dolore». Nel 2016 all’iniziativa umanitaria per l’Ucraina partecipano le Chiese cattoliche d’Europa e del mondo, collaborano altre confessioni e organizzazioni internazionali. Iniziativa di solidarietà «per evitare che una grave sofferenza cada nel dimenticatoio generale». Francesco insiste sulla «sinodalità» perché «non basta un Sinodo, bisogna camminare insieme, non solo con chi la pensa allo stesso modo ma con tutti i credenti». Di quella Chiesa il Papa apprezza storia, tradizioni e fedeltà «alla comunione con il successore di Pietro, sigillata con il sangue dei martiri» ed è preoccupato per i delicati rapporti con l’ortodossia russa, diffidente con Roma e il suo Vescovo.
Sincera e gioiosa soddisfazione per l’incontro di Bergoglio con Putin. Il colloquio dura 55 minuti. La questione ecologica; l’attualità internazionale (Siria, Ucraina e Venezuela); la vita della Chiesa cattolica in Russia sono gli argomenti dei «cordiali colloqui» con il presidente della Russia. Il portavoce vaticano informa che il Papa gli ha parlato di «sincera e gioiosa soddisfazione». Non c’è l’invito a Francesco a recarsi a Mosca ma c’è soddisfazione per le relazioni bilaterali, «ulteriormente rafforzate dalla firma di un protocollo di intesa sulla collaborazione tra l’Ospedale Bambino Gesù e gli Ospedali pediatrici della Federazione Russa». Dopo gli incontri nel 2000 e nel 2003 con Giovanni Paolo II e nel 2007 con Benedetto XVI, questo è il terzo incontro di Putin con Bergoglio, dopo quelli del 25 novembre 2013 e del 10 giugno 2015. Dopo la caduta del Muro di Berlino e lo sgretolamento dell’Unione Sovietica, Santa Sede e Federazione nel 1990 hanno allacciato relazioni bilaterali e nel 2009 hanno stabilito pieni rapporti diplomatici.
Memorandum tra l’ospedale «Bambino Gesù» e la Sanità russa. Frutto della visita è anche la firma, tra Segreteria di Stato e il ministero russo della Salute, di un memorandum per potenziare la collaborazione nell’assistenza medica e nella ricerca scientifica. Nel XIV secolo Rus’ moscovita e Roma cominciano a interloquire. Nel 1472 Paolo II benedice il matrimonio tra il Gran Principe di Mosca Ivan III e la principessa bizantina Sofia. Le relazioni diplomatiche risalgono al 1816; si chiudono nel 1866; si riaprono nel 1894; sono interrotte nel 1917 dalla Rivoluzione sovietica. I contatti riprendono negli anni Sessanta con l’«Ostpolitik» di Paolo VI e il segretario di Stato Agostino Casaroli. Andrej Gromyko, ministro degli Esteri, incontra più volte Paolo VI e Giovanni Paolo II. Nel febbraio 1971 Casaroli a Mosca firma il «Trattato di non proliferazione nucleare». Il disgelo è merito del polacco Giovanni Paolo II e del presidente sovietico Mikhail Gorbaciov: si incontrano in Vaticano il 1° dicembre 1989, tre settimane dopo la caduta del Muro.
Pier Giuseppe Accornero