CASALE (m.f.) – Una serata corale, con teatro, musica, riflessioni per conoscere quello che è considerato uno dei più grandi poeti contemporanei e, soprattutto, un prete che ha lasciato un segno profondo nella Chiesa: padre David Maria Turoldo, nato nel 1916 e morto trent’anni fa. La sua figura è stata ricostruita dal Collettivo Teatrale, dalla Cappella musicale della cattedrale e da Armando Buonaiuto, responsabile di “Torino Spiritualità”, l’altra sera nella chiesa di Sant’Antonio nel contesto degli appuntamenti di Cantiere Speranza.
Il Collettivo Teatrale ha ripercorso la vita del sacerdote attraverso le parole tratte dai suoi scritti e dalle sue poesie. Ma proponendo anche la sua viva voce: frasi riprese da omelie o interviste. Dall’infanzia vissuta in povertà nelle campagne del Friuli, quando gli altri bambini lo deridevano chiamandolo “spaventapasseri”, al sacerdozio nella congregazione dei Servi di Maria, alle omelie domenicali per un decennio nel Duomo di Milano, chiamato dal cardinale arcivescovo Ildefonso Schuster, all’allontanamento dall’Italia a causa della sua predicazione e del sostegno dato a don Zeno per il progetto di Nomadelfia, fino al ritorno nel Paese e alla morte avvenuta fra le sofferenze per una grave malattia.
Inframmezzati alla narrazione, i canti eseguiti dalla Cappella musicale diretta da Anna Maria Figazzolo e con all’organo Matteo Camagna: canti noti a tutti (a partire da “Il Signore è il mio pastore”), dei cui testi è autore proprio Turoldo, raffinato traduttore dei Salmi.
Turoldo è stato poeta, drammaturgo, narratore, e nella sua opera di sacerdote ha saputo sempre schierarsi dalla parte del Vangelo, dalla parte degli ultimi, dei poveri. Ha predicato alla borghesia milanese e agli operai dell’Alfa Romeo, richiamando tutti alla Parola di Gesù. Questo gli ha causato non pochi problemi. Solo alla fine della vita di Turoldo, il cardinale Carlo Maria Martini ha con lui ammesso che la Chiesa non lo ha trattato come meritava. E gli ha riconosciuto la sua forza profetica.
La vita di padre Turoldo è stata una lunga ricerca di Dio. Ha sottolineato Buonaiuto: “Turoldo vuole capire qual è il volto di Dio, inizialmente definito ‘Dio vicino assente lontano’. Poi scopre che Dio è amore, che chiede di essere accolto e per rispetto per la nostra libertà ha scelto di limitare la sua onnipotenza: Dio viene a cercarci e soffre con noi”.
Turoldo era poi affascinato dal fatto che Gesù “ha taciuto per 30 anni, poi ha dovuto dire l’indicibile e probabilmente questo gli è costato di più della Passione”, Gesù “prende il silenzio di Dio e ce lo porge in Parola”.
“La dimensione di Dio e la Parola – ha detto Buonaiuto – diventano la sua barra interiore e gli consentono di essere libero. Non ha mai tradito la voce di Dio, anche se era flebile”. La poesia di Turoldo riflette questa lunga ricerca. Una poesia, ha sottolineato Buonaiuto, che in Turoldo “è profezia, cioè un aiuto a guardare nell’opacità del presente, ad avere una visione aumentata del presente”. E Turoldo, ha rimarcato Buonaiuto, era proprio “prima di tutto un poeta, anche se non osava definirsi tale”.
Malato, sofferente, padre Turoldo ha atteso con serenità la morte: “Nella morte vedeva finalmente l’incontro con Dio”.