Riceviamo e pubblichiamo:
Stim.mo Direttore,
Approfitto della disponibilità del suo giornale per esprimere, anche alla luce di ciò che ha scritto l’amico professor Maurizio Scagliotti, alcune considerazioni di carattere generale sulla crisi che stiamo attraversando.
Prima, però, vorrei sottolineare che la coesione sociale che sta manifestando l’Italia, ha bisogno, al più presto, per durare e vincere la battaglia, di un “salto di qualità” nella organizzazione della macchina statale e regionale. Occorre rispondere al contagio non solo con misure di “ordine pubblico”, ma anche con strategie scientifiche più sofisticate come quelle utilizzate in Oriente.
Il Paese non dovrà essere trattato allo stesso modo.
Dobbiamo, nelle zone del Centro Sud, dove la trasmissione è molto bassa, applicare subito delle progettualità con test più ampi e una serie di protocolli mirati ad individuare i potenziali agenti del contagio sensibilizzando la popolazione sulla necessità di usare il modello Sud Corea. Gli ospedali di questa parte d’Italia non possono non essere potenziati!
Prima che sia tardi, vanno fatti fruttare i sacrifici degli italiani con una visione finalizzata a seguire personalmente con i tamponi, come adesso si fa a Piacenza, i potenziali malati. Non basta ripetere ossessivamente “State a casa”!
Al Nord, invece, dove il contagio, ormai, si è diffuso tantissimo è indispensabile salvare gli anziani per non far fare loro la fine che prevedeva Boris Jonson. Le strutture assistenziali per gli anziani devono essere trattate come gli ospedali e monitorate continuamente con gli operatori equiparati al personale sanitario. Il Vescovo Gianni Sacchi ha detto cose forti e chiare ai politici della Regione.
Per quanto riguarda la questione Italia, è chiaro che il modello regionalistico di questi ultimi due decenni è fallito. Altro che devoluzione dei poteri. La salute tornerà ad essere un fondamento della politica degli Stati.
Allo stesso modo, però, è evidente che il modello centralistico romano, anche se oggi necessario, è limitatissimo nella sua vitalità. La Capitale non ce la fa!
La Protezione civile, gloria nazionale, fatica moltissimo a fare i conti con un’emergenza di natura culturalmente nuova.
Roma tiene perché tiene la Presidenza della Repubblica. Veri politici in questo momento sono alcuni governatori: Bonaccini per il centro sinistra e Zaia per il centro destra che stanno cercando di progettare (nel disastro nazionale e con la Lombardia che non si può non ammirare in senso tragico) qualche cosa che non sia il solo ripetere asfissiante :”State a casa”.
Perché, se abbiamo capito tutti che lo stare a casa è necessario, esso non basterà! Ci vorrà, nel medio-lungo periodo, ma già cominciando adesso un insieme di interventi (più tamponi, sperimentazioni mediche e farmacologiche, isolamenti delle famiglie dei contagiati ecc….) molto più sofisticato di quello attivato dalla Protezione Civile.
Il nostro Piemonte, purtroppo, non ci sta riuscendo perché è un sistema consunto e torinocentrico con l’eccezione della provincia di Cuneo vitale e concreta.
Manca, oggi, alla nostra Regione una classe dirigente non soltanto politica e non esiste, soprattutto, un rete ospedaliera e sanitaria, in Provincia, degna di questo nome. Alle grandi professionalità e allo spirito di sacrificio del personale sanitario, che non si può non ringraziare con commozione, non corrisponde la realtà dei posti letto, dei servizi e dei laboratori analisi di cui oggi ci sarebbe tanto bisogno per fare quei tamponi che invece sono assai limitati.
La crisi da coronavirus, forse, ci permetterà di fermare la peste più tragica della crisi climatica (quest’anno si abbasserà di sicuro la CO2), ma ciò che abbiamo capito è che nè l’attuale europeismo, ma neanche di sicuro il sovranismo potranno permetterci di affrontare il futuro.
Credo, anzi, che questa esperienza sia la “tomba” della intera retorica politica italiana. Vi ricordate, per un attimo, quel che dicevano i politici italiani un mese e mezzo fa?
La razionalità ci imporrà di prendere in considerazione, almeno nelle strategie affrontate per la fuoriuscita dalla crisi, solo quelli che saranno in grado, come si è fatto in Cina e Corea, di porre fine al contagio e di trovare cure, sia per la parte sanitaria che per la nuova economia che dovrà sorgere con il tramonto del “pardigma “ del PIL.
Spero che a Casale ed in Italia tanti giovani abbiano finalmente capito che serve far scendere in campo, come nel dopoguerra , una nuova classe dirigente consapevole di ciò che è successo e succederà.
Il cretinismo politico di questi ultimi due decenni ha portato il Paese alla crisi di sistema che stiamo vivendo nella sanità, ma la serietà di oggi della popolazione italiana, forse potrà portare al ritorno di “De Gasperi” e di quei politici che non promettevano “panem et circenses”.
Preghiamo il Signore perché, oltre a proteggere l’Italia dal coronavirus, la custodisca dai rischi di una società rancorosa e difficile come quella del primo dopoguerra del ‘900.
Per primi, dopo la “sbronza” di questi mesi, dovremmo ripensare il nostro rapporto con i social e cogliere la positività degli stessi (penso al mondo della scuola), ma anche il rischio “cloaca” che stiamo vivendo.
Anche il mondo dell’informazione, oggi, deve fare la sua parte e spiegare ai cittadini che se non si investirà per aiutare non solo la sanità, ma anche l’assistenza ( oggi muoiono tanti anziani nelle case di riposo come si muore negli ospedali) il pianeta non potrà combattere la crisi da coronavirus. Dobbiamo tornare in Europa a pensare che esistono dei beni primari: la salute,l’ambiente, l’istruzione, l’inclusione sociale, la prevenzione delle crisi climatiche e sociali che la globalizzazione delle merci e non delle persone del Turbo-capitalismo ha distrutto tanto quanto quelle foreste e quegli animali da cui si è originato il coronavirus.
La nostra bella Costituzione diventi il pilastro di una vera, nuova Repubblica.
Riccardo Calvo