Bisogna «smettere di orbitare attorno al proprio io e passare dalla lamentela alla gioia del servizio». In tempo di coronavirus Papa Francesco prega per varie categorie e per varie e distilla grani di saggezza.
Nella terza domenica di Pasqua (26 aprile) prega «per tutte le persone che soffrono la tristezza, perché sono sole o perché non sanno quale futuro le aspetta o perché non possono portare avanti la famiglia, perché non hanno soldi e non hanno lavoro». Il Vangelo di Luca 24,13-35 racconta l’incontro di Gesù risorto con i discepoli di Emmaus, che lo riconoscono nello spezzare il pane: «Undici chilometri in salita, undici chilometri in discesa percorrono i discepoli di Emmaus insieme al Signore, che prima vedono ma non riconoscono e poi non lo vedendolo ma lo sentendo vicino e fanno la strada a ritroso per portare agli altri la bella notizia dell’incontro con il Risorto».
Nella festa di San Marco (25 aprile) prega «per le persone che svolgono servizi funebri. È tanto doloroso, tanto triste quello che fanno, e sentono il dolore di questa pandemia così vicino». Riprende il comando di Gesù agli apostoli di andare in tutto il mondo a proclamare il Vangelo a ogni creatura: «Nella trasmissione della fede c’è sempre il Signore, nella trasmissione delle ideologie ci sono i “maestri”. Il Signore ci aiuti a vivere una fede trasparente, dalle porte aperte».
Ricorda gli insegnanti che fanno lezioni via internet e gli studenti che devono fare gli esami «in un modo nel quale non sono abituati. Accompagniamoli con la preghiera». Aggiunge: «Una delle cose che Gesù amava di più era essere con la folla perché anche questo è simbolo dell’universalità della redenzione. Il Signore cercava di formare il cuore dei pastori alla vicinanza con il popolo di Dio. Loro si sentivano una cerchia privilegiata, “un’aristocrazia” vicina al Signore. Così insegnava loro la vicinanza al popolo». Racconta di quando era arcivescovo di Buenos Aires: «Una volta il parroco di un quartiere umile aveva la canonica come una casa normale e la gente bussava alla porta o alla finestra in ogni ora. Una volta mi disse: “Avrei voglia di murare la porta e la finestra perché mi lascino riposare”. Ma era pastore e il potere del pastore è il servizio».
Festeggia l’onomastico San Giorgio (23 aprile) regalando respiratori e materiale sanitario a Sucaeva, piccola e poverissima città romena focolaio di contagi e a ospedali di Madrid e di Lecce.
Per seconda volta in breve tempo leva la voce contro l’usura: «Uno degli effetti della pandemia è che tante famiglie hanno bisogno, fanno la fame e purtroppo le “aiutano” gli usurai. La pandemia sociale: famiglie che hanno un lavoro, purtroppo anche in nero, che non possono lavorare e non hanno da mangiare. E gli usurai prendono il poco che hanno. Preghiamo per queste famiglie, per i bambini, per la dignità di queste famiglie e preghiamo per gli usurai: che il Signore tocchi loro il cuore e si convertano».
Invita a non dimenticare le origini del male: i soldi, la vanità e chiacchiericcio, «tentazioni mondane», ispirate dal diavolo, che spaccano le comunità, le famiglie e la Chiesa. Il denaro «discrimina i poveri, allontana i legami di sangue e sta dietro a tante deviazioni dottrinali». La vanità porta a sentirsi migliori degli altri. Il chiacchiericcio, lo sparlare uno dell’altro. Anche nelle comunità cristiane primitive arrivano divisioni, litigi, spaccature: «I soldi dividono, l’amore dei soldi divide la comunità, divide la Chiesa. Nella storia della Chiesa ci sono state deviazioni dottrinali e dietro – non sempre ma tante volte – ci sono i soldi: i soldi del potere e della politica. I soldi dividono la comunità. Per questo la povertà è la madre della comunità, la povertà è il muro che custodisce la comunità. I soldi dividono. Anche nelle famiglie: quante famiglie si sono divise per un’eredità? E non si parlarono più. I soldi dividono».
Pier Giuseppe Accornero