Il professor Dalla Torre esamina i passi che attendono la Chiesa. Si dice sicuro che Benedetto XVI “vorrà sicuramente lasciare i cardinali nella più assoluta libertà circa le loro future determinazioni”.
Cosa succederà nella Chiesa dopo l’annuncio delle dimissioni di Benedetto XVI? La notizia ha subito fatto il giro del mondo. Luigi Crimella, per il Sir, ha intervistato un esperto di diritto canonico ed ecclesiastico, il professor Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa (Libera Università Maria Santissima Assunta), considerato uno dei più profondi conoscitori della materia. Qui di seguito le sue risposte.
Anzitutto, quale sensazione ha provato a questa notizia, dal punto di vista umano, spirituale e religioso?
“Ho provato una profonda commozione, che nasce dal percepire, dal constatare ancora una volta l’umiltà di questa grandissima persona che è Benedetto XVI. Sappiamo quanto sia grande come studioso, come uomo di Chiesa, come uomo di cultura. Quindi vedo un gesto di grandissima umiltà e lo interpreto in questa chiave proprio perché, nella misura in cui – immagino – abbia percepito il declino delle proprie forze fisiche insieme al crescere della complessità della ‘modernità’, questo mare in cui la Chiesa deve navigare, egli, per il bene più grande della Chiesa, abbia preso questa decisione con serenità”.
Un fulmine a ciel sereno, è stato definito dal cardinale Sodano questo annuncio. Cosa significherà, in termini concreti, per la prassi canonica indire un Conclave a seguito di una decisione come questa?
“Fino al giorno 28 febbraio, alle ore 20,00, il Papa continuerà ad esercitare le sue funzioni nella pienezza dei propri poteri e prerogative. Da quel momento in poi, come è previsto dalle norme vigenti del diritto canonico, il governo della Chiesa per gli affari ordinari sarà rimesso al Collegio Cardinalizio. A questo punto il cardinale Decano dovrà convocare il Conclave. Tutta la materia è stata recentemente disciplinata dalla costituzione del Beato Giovanni Paolo II, ‘Universi Dominici Gregis’, emanata nel 1996”.
A cosa può essere paragonata questa decisione? Esiste nella storia dei pontefici un caso analogo?
“Io non sono uno storico della Chiesa e quindi saranno questi studiosi a verificare quali altri eventi di questa natura possano essere paragonati alla scelta di Benedetto XVI. Certo, oltre al caso famosissimo di Celestino V, proclamato santo, nei momenti più difficili per la Chiesa, in età medievale in cui ci furono vicende molto complesse con la presenza di Papi e anti-Papi, ci furono casi in cui alcuni pontefici, per il bene della Chiesa, assunsero decisioni comunque clamorose o insolite. Mi pare che il criterio fondamentale, in questo caso, come in altri che gli storici vorranno analizzare, sia quello di constatare come le decisioni siano di fatto state prese sempre in nome del supremo bene della Chiesa”.
Quali tempi e problemi lei vede per le prossime settimane rispetto al governo della Chiesa universale?
“Certamente, anzitutto immagino che Benedetto XVI avrà soppesato le conseguenze e gli eventi che si produrranno dopo la cessazione del suo ministero petrino. Considerando la sua personalità, la sua discrezione e sensibilità, oltre che la sua intelligenza, è immaginabile da parte sua un atteggiamento di grande distacco su tutto ciò che deve avvenire. Vorrà sicuramente lasciare i cardinali nella più assoluta libertà circa le loro future determinazioni. E del resto gli stessi cardinali non potranno sfuggire – questa è una mia idea personale – al problema di individuare una persona che non solo abbia doti religiose, spirituali e intellettuali adatte a reggere il Soglio di Pietro, ma anche che possieda fattori importanti quali carisma, forza fisica, capacità di relazione con la complessità, oggi richieste da un ufficio come quello di guida della Chiesa universale”.
Che dire della differenza di atteggiamenti tra Giovanni Paolo II che ha retto fino all’ultimo, pur essendo piegato dalla malattia, e Benedetto XVI che invece, sentendosi sempre più debole, ha deciso di “lasciare”? Crolla forse il “mito” del Papa?
“Devo dire che si tratta di due personalità molto diverse, come tutti sappiamo. Io penso che Benedetto XVI, proprio per la persona sensibile che è, ha valutato la propria condizione in maniera diversa rispetto alla valutazione che ne fece il suo predecessore. Non penso che ci sia il rischio di vedere sminuita l’immagine del Papato. Bisogna pensare che specie tra il 700 e l’800 il Papa è stato molto mitizzato per il fatto che ci furono Papi molto tormentati e costretti a decisioni difficili e dolorose dagli eventi storici. Cito soltanto Pio VI, Pio VII, Pio IX ma ce ne sono diversi altri. Giovanni Paolo II ci ha poi riportati nella piena umanità con la sua malattia, affrontata con esemplare forza interiore, non rinunciando all’attività propria del suo ufficio. Così facendo ha mostrato al mondo anche la sua piena umanità, piegata dalla sofferenza ma non vinta. La scelta di Benedetto XVI invece, è di far prevalere il bene della Chiesa lasciando spazio a un Papa più giovane e in salute, che possa guidarla in questa epoca così difficile e complessa. La lezione che traiamo da questi due eccelsi esempi è che il Papa, comunque sia, è un uomo che porta il peso grandissimo della Chiesa. Chi lo interpreta in un modo, chi in un altro, ma sentiamo che questi due Papi come ‘vicari di Cristo’ hanno amato la Chiesa fino in fondo. E del resto il cristianesimo annuncia che Dio si è fatto uomo, che ama l’umanità così come essa è”.