VALENZA – Giovedì 6 febbraio, alle 18.30, nello spazio dedicato all’arte di piazza 31 Martiri n 11 è in programma un vernissage dedicato a “Onirico”.
L’Associazione culturale Haip presenta il progetto LITIO Arte Contemporanea. Il progetto ha come scopo l’approfondimento dell’Arte contemporanea attraverso i lavori di artisti provenienti da varie aree territoriali e culturali, avvicinando così il pubblico a una realtà che spesso viene considerata di difficile comprensione e gestione.
In questo modo, con cadenze regolari, saranno via via proposti dei dialoghi tra artisti che ben rappresentano l’estetica contemporanea.
Per questa prima mostra si è pensato ad un dialogo tra Antonio De Luca, affermato artista del territorio da anni attivo nel mondo dell’arte, Valentina Biasetti, originaria di Parma, per la quale è stato recentemente allestito uno stand personale ad Arte Fiera Bologna, e Valerio Melchiotti, veronese, raffinato protagonista dello scenario contemporaneo.
Scrive di loro il critico Carlo Pesce:
Valentina Biasetti, Valerio Melchiotti e Antonio De Luca, hanno stabilito un preciso rapporto con la figura umana, recuperando l’individualità del dipingere. Nati più o meno nello stesso periodo – appunto gli anni Settanta – hanno realizzato con questo tipo di rappresentazione un mezzo per affermare il proprio essere, per esplicitare il loro rapporto con la realtà che li circonda, offrendo una spiritualità fatta di silenzi e riflessioni. La dimensione in cui si muovono ha qualcosa di onirico, a volte si ha l’impressione di avere di fronte una fotografia non riuscita nella quale i contorni del soggetto si confondono con lo spazio nel quale sono immersi. Come nella pittura medievale, le loro figure si trovano in un non luogo, collocate su sfondi che si compattano nel colore del supporto o in cieli primordiali sui quali si muovono astri celesti simili a fiocchi di neve. Il colore è ridotto a pochi tocchi, emerge quasi sbiadito, per attenuare la forza delle linee dei loro lavori. Nell’ottica riduttiva della loro pittura, nelle quale spesso la materia è tirata fino allo spegnimento, si giunge a comprende che il loro lavoro è dunque fatto da una luce che dona ai loro soggetti un aspetto diafano, un aspetto che ci permette di entrare nel vuoto che li circonda e che annulla ogni contatto con ciò che esiste, che rende le loro immagini idealizzate ed inquietanti. Si tratta dei protagonisti di un dramma che nell’immediato facciamo fatica a cogliere, ma che alla fine comprendiamo essere il dramma dell’impossibilità di sciogliere i dubbi dell’esistere, fatto di tutte quelle inutili domande poste ad esseri meditabondi che, come sfingi, aspettano che la risposta che emerga dal caos del nostro essere e che stordisca ognuno di noi.