In qualsiasi guerra è molto difficile accertare con sicurezza il numero dei morti, ma nelle guerre di Gaza e dell’Ucraina dove le atrocità aumentano con il passare del tempo è pressoché impossibile. Le bombe a grappoli, i missili, i droni massacrano non solo i soldati sui campi di battaglia bensì civili innocenti nelle loro case. Intere famiglie scompaiono, altre vengono dimezzate, in altre ancora nessuno sa che ne è stato di questo o quel congiunto. Sono orrori che si perpetuano anche a guerra finita, torture che lasciano un segno indelebile in chi sopravvive. Nella guerra di Gaza un dato più o meno attendibile esiste, quello fornito da Hamas, secondo cui le vittime tra i palestinesi sono circa cinquantamila, tredicimila delle quali bambini. Ma nella guerra dell’Ucraina no. Stando a Mosca, i militari ucraini morti superano i trecentomila, stando a Kiev quelli russi sono seicentomila. “Fake news” o notizie false, direbbe Trump a Washington, cifre eccessive, propaganda. E cifre troppo riduttive, come quella secondo cui le vittime civili tra gli ucraini non arrivano a venticinquemila, dispersi inclusi. Quanto ai bambini ucraini caduti in mani russe, tutti sanno che nel migliore dei casi essi vengono indottrinati o usati come merci di scambio tra prigionieri. E’ un costo spaventoso in vite umane e in stabilità morale, un’infamia per la nostra civiltà.
Lo stesso fine
In Italia, nei partiti di sinistra molti accusano di genocidio il premier israeliano Netanyahu e talora lo paragonano a Hitler, risparmiando invece il presidente russo Putin per cui “il popolo ucraino non esiste”, una delle sue invettive più famose. E’ un’accusa immotivata perché mentre Hitler voleva lo sterminio degli ebrei Netanyahu vuole “semplicemente” rubare Gaza ai palestinesi e lo fa con mezzi inaccettabili, macchiandosi di crimini contro l’umanità oltre che di guerra. Chi mira a un genocidio, naturalmente degli ebrei, e che lo ha detto pubblicamente, è Hamas, una milizia islamica basata sul terrore che ha imposto la propria dittatura in Palestina. Le guerre di Netanyahu e Putin perseguono lo stesso fine, la cosiddetta pulizia etnica nei vasti territori che intendono occupare, vale a dire lo sgombero da essi delle etnie là installate non da secoli ma da millenni. Netanyahu si propone di trasformare Gaza in una colonia, un disegno non molto diverso dalla “Riviera del Mediterraneo” di Trump, e, anticipando i tempi e commettendo gli stessi crimini di Netanyhau, Putin ha già dato un altro nome all’Ucraina conquistata e da conquistare, “Nuova Russia”. L’Occidente è chiamato a impedire che i due leader realizzino i propri progetti, ma è un richiamo del cuore e della ragione che né Trump né il mondo dell’Islam, alleato a Putin, ascoltano.
Nell’ex Jugoslavia
Le guerre di Gaza e dell’Ucraina ci riportano alle guerre dei Balcani di quasi un trentennio fa, dove la pulizia etnica perseguita nel nome del panslavismo e dell’ortodossia cristiana dalla Serbia, la potenza regionale, causò circa duecentoventicinquemila morti in gran parte civili, e stragi come quella di Srebrenica in Bosnia del 1995 in cui, nonostante la presenza in città di un contingente di caschi blu dell’Onu, perirono circa novemila adulti e ragazzi islamici, poi sepolti in fosse comuni. Guerre che iniziarono nella Slovenia, nazione austroungarica, al collasso della Jugoslavia nel 1991 e alla sua spartizione in Stati indipendenti, e che terminarono nel Kosovo, un bastione musulmano nel cuore della Serbia, nel 2001. Il conflitto bosniaco fu il più atroce, in un assedio di quattro anni a Sarajevo cecchini in posizioni strategiche uccisero la gente nelle strade, e le vittime ammontarono almeno a centomila. Il conflitto del Kosovo provocò perdite inferiori, circa quindicimila vittime, ma un esodo di milioni di persone in Albania e nella Macedonia. In entrambe le guerre, dovettero intervenire gli Stati Uniti e alcuni dei Paesi membri della Nato, che bombardarono la Serbia e la costrinsero a negoziare, interventi oggi impossibili sia a Gaza sia in Ucraina senza estenderne i conflitti alle regioni circostanti.
Criminali di guerra
Anni dopo, la Corte penale internazionale dell’Aia stabilì un cruciale precedente facendo arrestare i tre protagonisti dei massacri delle guerre balcaniche, l’ex Presidente della regione serba della Bosnia Karadzic, il poeta e cantore della pulizia etnica, l’ex comandante in capo delle sue forze armate il generale Mladic, e il Presidente serbo Milosevic. Condannati all’ergastolo, i primi due sono ancora in carcere, mentre il terzo si è suicidato. Ma è improbabile che Netanyahu e Putin, sebbene a loro volta incriminati, facciano la stessa fine. Le guerre balcaniche non minacciarono mai gli equilibri internazionali perché dalla Guerra Fredda dei tempi dell’Urss l’America e la Russia erano passati a una collaborazione fattiva sia in Europa sia in Medio Oriente, mentre le guerre dell’Ucraina e di Gaza sono una mina vagante in un arcipelago inesplorato. E il Presidente americano, il democratico Bill Clinton, e il Presidente russo, l’antisovietico Boris Eltsin, erano portatori di pace, mentre Trump ammira e proclama “amici” sia Putin sia Netanyahu, i quali conservano il potere soprattutto grazie ai loro conflitti permanenti. La terrificante lezione della Bosnia e del Kosovo è purtroppo risultata inutile e rimarrà tale ancora piuttosto a lungo se Trump non cambierà strada e l’Unione Europea non assumerà un ruolo più importante da un lato a Gaza e in Iran, il grande burattinaio dell’Islam, e dall’altro in Russia e in Ucraina.
Coordinarsi con l’Ue
Come se dovesse fare un caffè, all’ingresso alla Casa Bianca il gennaio scorso Trump annunciò una “instant peace” o pace istantanea a Gerusalemme e a Kiev. Tre mesi dopo le sue fragili tregue sono naufragate e a Gaza e in Ucraina si combatte più di prima. Sapendo che prima o poi si dovranno fermare, Putin e Netanyahu hanno approfittato delle trattative per occupare altri territori. Netanyahu ha addirittura attaccato ospedali e ambulanze palestinesi, e dopo aver rifiutato di rinnovare l’iniziale tregua di un mese in Ucraina Putin ha annunciato una tregua lampo a Pasqua, una sorta di uovo pasquale che rischia di contenere solo brutte sorprese. Trump ha segnalato a entrambi gli “amici” di non avere più pazienza, impedendo a Netanyahu di bombardare gli impianti nucleari in Iran, con cui ha aperto negoziati per impedirgli di produrre la bomba atomica, e ammonendo Putin che se le sue trattative con il Presidente ucraino Zelensky non registreranno progressi rinuncerà a mediare. Ma a questo punto anziché lasciare perdere il Presidente americano dovrebbe coordinarsi con l’Ue come fecero i suoi predecessori alla Casa Bianca e mettere Netanyahu e Putin con le spalle al muro. Per i due leaders non esistono alternative alla pace, entrambi hanno bisogno dell’America e sono obbligati a ricucire i rapporti con l’Europa.
Non premiare gli aggressori
E’ però essenziale che la pace non premi gli aggressori, ossia Israele e la Russia, e che sancisca il principio che la pulizia etnica, anche solo nella forma di deportazione di un popolo dalla sua terra, è inaccettabile quanto il genocidio. I diritti umani non figurano da molto tempo nella politica estera delle potenze, li introdusse mezzo secolo fa il presidente americano Carter, non a caso poi premiato col Nobel per la pace. Essi vanno ulteriormente codificati e difesi per evitare che le atrocità e gli orrori delle guerre dei Balcani e delle guerre di Gaza e dell’Ucraina si ripetano in futuro. A Gaza si muore dall’ottobre del 2023 in Ucraina dal febbraio 2022. Come invoca papa Francesco, è ora che si depongano le armi, quanto sta accadendo è disumano e blasfemo. Trump è giustamente oggetto di violente critiche per molte delle sue controverse iniziative, a partire dall’imposizione di dazi folli anche su di noi alleati, ma ha il merito di avere costretto i belligeranti ad aprire dei colloquii, forse perché ambisce a sua volta a un Nobel. Adesso si tratta di convincerlo che, sebbene sconfitti, i popoli palestinese e ucraino non possono essere asserviti all’invasore, che hanno il diritto di godere delle loro terre, che vanno aiutati a ricostruirle e che paci ingiuste condurrebbero soltanto ad altre guerre. Non è una missione impossibile per noi europei.
I bluff della Russia
Un’ultima osservazione sull’Ucraina. Dal giorno dell’invasione, il 20 febbraio del 2022, Putin si è scagliato contro l’Unione Europea minacciandola ora di ricorrere all’atomica, ora di muovere guerra alla Nato, ora di attaccare la Germania se fornirà i missili Taurus a Zelensky. Sono bluff. La Russia è un Sansone nucleare ma qualora usasse la bomba perirebbe con tutti i filistei, i suoi avversari che reagirebbero all’istante, e non può neppure sostenere un lungo confronto con la Nato e l’Ue perché il suo prodotto lordo interno è pressoché zero rispetto al loro. Putin vuole passare alla storia come il rifondatore della superpotenza russa non come il suo distruttore. Se si troverà il modo di salvargli la faccia, a esempio facendo dell’Ucraina uno Stato neutrale e respingendo la richiesta di Zelensky di accoglierla nella Nato, forse ridimensionerà le sue pretese. In caso contrario, a suo tempo ci sarà una sospensione delle ostilità, ma non un trattato di pace, e l’Ucraina farà la triste fine della Corea, della Germania e di Cipro durante la Guerra fredda, si spaccherà in due, con le regioni di Donetsk, Lungansk, Kherson e Zaporizhzhia, oltre che la Crimea, nelle mani di Putin. Un’altra pagina nera per l’umanità.
Ennio Caretto