CASALE – Cinque giorni, una ventina di appuntamenti, oltre 2400 persone coinvolte e 30 alberi (finora) che saranno piantati grazie al contributo di chi ha partecipato prendendo anche solo un bicchiere d’acqua. La settimana più intensa del Monfrà Jazz Fest si è conclusa con un bilancio più che positivo e non solo nei numeri: è difficile quantificare, le emozioni e i valori trasmessi da una manifestazione che è soprattutto una festa per il territorio, dove note, paesaggio, sapori, arte e quest’anno tanta sostenibilità, diventano una cosa sola. E poi c’è il tema centrale Let’s Smile, per ricordarci che il jazz è voglia di stare insieme. Ima Ganora Presidente dell’Accademia le Muse ad ogni concerto invita il pubblico a sorridere al proprio vicino e funziona sempre per cominciare ogni serata con il buon umore.
La lunga settimana casalese nel Monfrà Jazz Fest ha avuto inizio mercoledì 21 giugno al chiostro di Santa Croce, giorno della “Festa della Musica” con un momento se vogliamo più intimo, non in senso letterale visto che non c’era un posto libero di fronte al palco, ma perché è stata anche l’occasione per ricordare chi ci ha lasciato, ma vive ancora nella musica. Come Patrizia Barberis, fondatrice de Le Muse e ricordata dal MonJF con due borse di studio che quest’anno sono andati a Marco Porta e Leonardo Coduti. Un’eredità didattica che continua nell’esibizione degli allievi de Le Muse in apertura di serata. Un’ottima performance visto che Paolo Bonfanti, salendo sul palco per il secondo set dichiara “se questo è il livello posso andare in pensione tranquillo”. Tutti sanno che è improbabile: il chitarrista è più in forma che mai e si lancia in un one man show roboante con il meglio del suo repertorio di 40 anni di carriera. Velocissimo il palco si riempie dei 25 membri del San Bartolomeo Gospel Choir per un concerto che il Maestro Gianfranco Raffaldi dedica invece a Paolo Deregibus, il cantante casalese scomparso pochi mesi fa. Il coro è una macchina ben rodata che macina classici come Bless the Lord, ever green del soul come Natural Woman e sconfina nel rock di Stairway to Heaven. Del resto tutto nasce dallo stesso albero.
Giovedì 22 giugno, compleanno del Monferrato Unesco e serata di big. I primi a salire sul palco sono il Jasmine Trio. In quale posto, se non il mondo del jazz, sarebbe possibile un incontro tra persone apparentemente così diverse come Max De Aloe, Mike del Ferro, Jesper Bodilsen: un italiano, un olandese e un danese, sono invece affiatati, ironici, divertenti. Partono alla grande con un brano di del Ferro dal titolo “Miron” che crea subito l’atmosfera giusta. Poi è un susseguirsi di pezzi dove l’armonica e la fisarmonica di De Aloe creano un mélange di rêverie e ritmo. Sono così lanciati che per la brava presentatrice Genny Notarianni è difficile farli scendere dal palco. De Aloe prende tempo per ricordare il nonno partigiano e per eseguire un brano di Thielemans, omaggio a Mike, che ha suonato a lungo con lui e con tutti i mostri sacri del Jazz.
Poi è tempo di lasciare il palco al Trio Bobo: ovvero Faso al basso, Alessio Menconi alla chitarra e Christian Meyer alla batteria. Senza togliere nulla allo stratosferico Menconi, il fatto che siano 2/3 di Elio e le Storie Tese è nettamente percepibile: qui si sperimenta tutto quello che negli EelST è già al limite dello sperimentale. E non solo a livello musicale, ma anche nell’umorismo non-sense che rende spassosa l’interazione tra i tre. E’ chiaro che si stanno divertendo e facendo divertire con una musica dal virtuosismo barocco e dalle sfumature psichedeliche, ma le cui radici sono la fusion degli inizi anni 80 (Jaco Pastorius in primis). Pezzi originali e groove intricati che non spaventano il pubblico tanto vengono realizzati in scioltezza. Faso suona di tutto e con tutto compresa la scatola di Krumiri che gli regala Ima Ganora. Ma a rimanere nella storia del Fest saranno anche un lunghissimo assolo di Meyer capace di far cantare le singole viti della batteria e coinvolgere il pubblico.
E siamo a venerdì 23 di questa maratona che ne frattempo sta facendo divertire anche piccoli amanti del Jazz grazie al laboratorio Fiabe in Jazz tenuto da Giulia Motta (tutto esaurito con persino liste d’attesa ogni giorno) e il campus “Tutti quanti voglion fare jazz” con Gabriele Guglielmi altrettanto sold-out. La sera ad aprire il palco di Santa Croce c’è una leggenda della canzone italiana: Sergio Caputo e la platea è ancora più sold-out con tanti fan venuti da tutto il Nord Italia. Caputo, nel pieno degli anni ‘80 dominati da pop e testi in inglese, riuscì a scalare le classifiche con swing e poesia, una passione che è rimasta intatta nel tempo. Oggi le sue canzoni hanno assunto una vena un po’ più malinconica, ma continuano a raccontarci storie di notte solitarie in whisky bar e amori disperati, al ritmo di swing e bossa nova. In più questo trio con Patrizio Sacco (basso) e Alessandro Marzi (Batteria e Pianoforte) fa emergere anche tutta la sua voglia di improvvisare alla chitarra. Non mancano i suoi successi più grandi a cominciare da “Sabato Italiano” di cui ricorrono i 40 anni e poi “L’astronave”, “Italiani mambo”, “L’hobby del saxofono”. Il pubblico lo richiama insistentemente sul palco e accenna a una standing ovation, lui attacca “Il Garibaldi innamorato” con un arrangiamento che lo avvicina tanto a Carlos Santana e manda tutti in visibilio.
Cambia completamente genere il secondo set della serata che è frutto della collaborazione del Fest con Jazz Around. Lisa Manara, ieratica come una dea egizia, mischia lingue e linguaggi, salvo che in ogni testo una parola risulta perfettamente chiara: “Africa”. Il suo è più che un omaggio, è un compenetrare il jazz nel ritmo e nella melodia di un continente. Merito di una voce calda e versatile, capace di riprodurre alcuni effetti musicali tipici della musica etnica, e di due straordinari musicisti Federico Squassabia e Gioele Torraccia che ci fanno sentire sonorità e ritmi fuori dall’Occidente. Manara omaggia Miriam Makeba (non manca Pata Pata), Cesaria Evora e Fatoumata Diawara. Scova perle come il brano “Malaika” della Tanzania e alla fine regala anche due blues made in USA con una voce che ruggisce come un leone o come Janis Joplin.
Sabato lo scenario cambia, il Monfrà Jazz Fest si immerge per le vie di Casale e lo fa tenendo fede al motto “Smile”, impossibile non essere contagiati dall’allegria dei “Lindy Hopper”. Le Muse hanno ospitato un corso di questo ballo anni ruggenti del Jazz tenuto da The Kichen Swing, con la straordinaria Nicole Pipino, ma quello che si vede nel pomeriggio di Piazza Mazzini non è un saggio, piuttosto un happening, un flash mob con circa 15 coppie che hanno ballato sulle note di brani tratti dal repertorio di Nina Simone, Ella Fitzgerald, Etta James, ma anche Umbrella di Rihanna e Video Killed The Radio Star. Uno spettacolo di danza e colori che, grazie al caldo timbro di Mara Panico e al piano di Andrea Rogato coinvolge ogni persona che passa. Ima Ganora commenta “Lo swing è davvero per tutti, basta avere scarpe comode”.
La giornata di domenica comincia presto con un must del MonJF: il concerto all’alba sul Po. Da quest’anno una legge impone alle manifestazioni musicali di non cominciare prima delle 8 e così l’operazione “eroica” delle prime edizioni in cui ci si trovava alle 6, è diventata un’occasione per fare una colazione monferrina con gli amici del Po e gustare muletta, gorgonzola e bagnetto verde. La musica invece è molto più pacata rispetto ai sapori. All’imbarcadero ci sono Giovanni Di Carlo chitarra, Giulio Scianatico al contrabbasso e Armando Luongo alla batteria, arrivano a Casale grazie allo scambio musicale con il Festival molisano Borgo in Jazz e tracciano atmosfere placide e sinuose come quelle del grande fiume alle loro spalle. Certo non può essere un caso che facciano Beatrix di Sam Rivers (che in inglese vuol dire fiumi).
Da un concerto all’altro e in mezzo una giornata dedicata alla natura, per il un MonJF che fedele al suo spirito green offre ore di incontri con le farfalle, passeggiate nella foresta e continue gite in barca, prima dello spettacolo delle 20. Tantissima la curiosità per questo Circus, prodotto dallo stesso Fest con Max De Aloe e Giorgio Bertolotti e per il quale gli stessi Amici del Po hanno messo a disposizione addirittura la nuova piattaforma galleggiante. Non capita tutti i giorni di vedere una prima assoluta e un dialogo così poetico tra musica e gestualità: sulla luce del tramonto De Aloe tira fuori i suoni più languidi dalla sua fisarmonica o dall’armonica. Bertolotti recita uno stralunato Charlot monferrino. Tra valzer musette e Duke Ellington, clownerie e un monociclo appena pescato il sole cala sul grande fiume con l’ultimo raggio che coincide con l’ultima nota.
Il Monfrà Jazz Fest invece va avanti: già il 29 di giugno alle 21 riprendono gli appuntamenti alla birreria Moonfrà di via Visconti con il duo Alberto Gandin (chitarra) e Tania Furia (voce). A luglio altri due concerti a Casale e poi ad agosto e settembre si torna ad esplorare gli angoli più belli del Monferrato tra vigne, piazze e distillerie. Il programma prevede altri tredici appuntamenti, compreso il concerto all’Eremo di Moncucco a Odalengo rinviato per il maltempo al 2 settembre.
Per informazioni www.monjazzfest.it