Negli ultimi anni, mi sono spesso chiesto perché molti cittadini, troppi, in America e in Europa, neghino che il 6 gennaio del 2021 Donald Trump, il presidente repubblicano vistosamente sconfitto dal candidato democratico Joe Biden il novembre precedente, tentò un colpo di stato, e perché non sia stato spiegato che a sventare il tentativo di golpe, che causò almeno due morti sia tra la polizia sia tra gli assalitori, fu innanzitutto il capo dello Stato Maggiore delle forze armate americane, il generale Mark Milley, che minacciò di intervenire con i soldati della Riserva, e che poco più tardi paragonò l’attacco al Congresso alla “Notte dei cristalli” del 1938 in Germania, il folle progrom antisemita di Adolf Hitler. In precedenza Milley, un conservatore che aveva giurato fedeltà alla Costituzione e non al Presidente come chiestogli da Trump, aveva rifiutato di schierare le truppe contro le enormi dimostrazioni popolari antirazziste di “Black lives matter”, le vite dei neri sono importanti. Prese di posizione che indussero Trump ad accusarlo di “alto tradimento” e a proporre che fosse condannato morte.
Primarie al via dall’Iowa
Oggi mi chiedo cosa accadrà in America e in Europa se il candidato repubblicano alla Presidenza degli Stati Uniti sarà di nuovo Trump e se egli sconfiggerà Biden (un leader che si è dimostrato equilibrato e capace ma che a 81 anni è ormai fragile) come nel 2016 sconfisse contro tutte le previsioni l’ex first lady ed ex segretaria di Stato Hillary Clinton, che più di lui meritava la Casa Bianca. Mentre è probabile che il Partito Repubblicano, da tempo spostatosi all’estrema destra populista, lo scelga alle lunghe primarie che inizieranno tra un mese nello Iowa, non è certo che gli elettori americani lo votino a novembre. In prevalenza comunque i sondaggi danno Trump in testa di circa dieci punti sia sulla rivale repubblicana Nikki Haley, l’ex governatrice della Carolina del Sud, sia su Biden. Prevedere gli eventi dell’anno prossimo è impossibile, perché contro Trump sono in corso quattro processi, che egli vuole che vengano trasmessi in diretta alla tv per mostrare di essere “vittima di una persecuzione politica”. Ma è improbabile che una condanna gli tolga la candidatura e gli impedisca di essere eletto.
Costituzione ferma a due secoli e mezzo fa
Il motivo è che la Costituzione americana, che risale a due secoli e mezzo fa e che andrebbe ammodernata ma è venerata come la Bibbia, richiede solo che i candidati siano nati in America e vi risiedano da quindici anni, non li priva del diritto di voto attivo e passivo per i crimini commessi. Una condanna di Trump aprirebbe perciò la più grave crisi costituzionale della storia americana, e spaccherebbe in due il Paese, con il rischio di scontri armati tra le opposte fazioni, se non di una guerra civile. Ciò ha spinto il celebre politologo conservatore Robert Kagan, che durante la guerra dell’Iraq accusò l’Europa restia a parteciparvi di “venire da Venere, anziché da Marte come l’America”, a dare un inquietante allarme, intitolando un articolo sul Washington Post “Una dittatura di Trump sta divenendo sempre più inevitabile, smettiamo di far finta di niente”. Secondo Kagan, non esistono alternative a causa della “codardia collettiva” degli americani e della loro incapacità di difendere la democrazia liberale. “E’ come se sapessimo che un asteroide colpirà la Terra e non facessimo nulla per proteggerci”.
La denuncia di Kagan è una smentita dell’accusa rivolta dai trumpisti ai democratici di demonizzare il loro leader. Il timore di una dittatura di Trump, un uomo notoriamente vendicativo, è infatti condiviso da altri conservatori, tra cui Liz Cheney, la figlia dell’ex vice presidente di Bush figlio, Dick Cheney, espulsa dal Partito Repubblicano: “Se ritornerà alla Casa Bianca, Trump non la lascerà più” ha detto Liz Cheney. Ed è condiviso dall’intera dinastia Bush, nonché da media sia schierati per i democratici come il New York Times sia indipendenti come la rivista Atlantic. Intervistato al riguardo da un sostenitore, Sean Hannity della Fox Tv, Trump ha risposto: “Non sarò un dittatore salvo il primo giorno: chiuderò le frontiere e poi trivellerò”. Hannity ha riformulato la domanda: “Non abuserà dei suoi poteri e compirà vendette?”.“Si riferisce a quanto stanno facendo a me?” ha ribattuto Trump. “Al Capone, il più grande mafioso, è stato perseguito una sola volta, io sono già alla quarta”. E termina: “Libererò l’America dei comunisti, marxisti, fascisti che vogliono distruggere il sogno americano”.
I proclami elettorali di Trump
In qualsiasi altra democrazia i proclami elettorali di Trump gli costerebbero la candidatura, ma non in America, dove fino a un terzo degli elettori ha spesso flirtato con il totalitarismo, venendo però sconfessati alle urne. Qualche esempio. “Se da presidente qualcuno mi attaccherà pesantemente, dirò: incriminatelo”. “In futuro, non governerò con i guanti, ma a mani nude”, cioè picchiando. “L’attuale sistema americano è da demolire”. “Gli immigrati? Li espellerò o chiuderò in appositi campi” (di concentramento c’è da sospettare). Trump ha anche fatto capire che dispiegherebbe le forze armate contro dimostrazioni “ostili”, in particolari se dei neri. Ha un programma autoritario, detto “Progetto 2025”, che la Heritage Foundation, il serbatoio di cervelli delle destre, sta mettendo a punto, come dichiarato pubblicamente dai suoi dirigenti. Trump l’ha incaricata di selezionare quasi cinquantamila fedelissimi che verrebbero da lui nominati ministri, sottosegretari, direttori e alti funzionari di istituzioni quali la Cia, l’Fbi, i servizi segreti e la polizia federale, e via dicendo, operazione denominata “Agenda 47”.
Le conseguenze per l’Ucraina
Un Trump due sarebbe una svolta per il peggio non solo per l’America ma anche per il mondo intero e in particolare per l’Europa, a cominciare dall’Ucraina. Durante il suo primo mandato dal gennaio 2017 al gennaio 2021 Trump strinse amicizia con il presidente russo Vladimir Putin, e incontrò persino il leader nordcoreano Kim Jong-un, destando l’impressione che si sentisse più vicino ai dittatori che non ai premier democratici. E per essere schietti, dimostrò un netto antieuropeismo nei rapporti con l’Ue e con la Nato, come se fossero parassiti dell’America. Personalmente, ritengo che Putin, che verrà di sicuro rieletto Presidente il prossimo marzo, non negozierà sull’Ucraina sino a quando non diverrà chiara la sorte di Trump. Se Trump uscirà presto di scena, Putin si rassegnerà a trattare con la Nato, in caso contrario aspetterà l’esito delle elezioni americane, perché Trump da Presidente metterebbe il leader ucraino Zelensky con le spalle al muro e favorirebbe la Russia. Lo appoggerebbero al Congresso i repubblicani e quella parte dei democratici che hanno già sospeso gli aiuti a Kiev.
Le conseguenze per il Medio Oriente
In Medio Oriente, le incognite di un Trump due sono ancora più preoccupanti. Inizialmente, dopo la strage degli ebrei per mano di Hamas, Trump ha criticato Israele e il suo premier Netanyahu, elogiando Hezbollah, l’organizzazione terroristica in Libano finanziata dall’Iran, per rimangiarsi poi tutto. Ha inoltre chiuso le porte dell’America ai rifugiati palestinesi, asserendo che accoglierà solo “chi è vicino a noi ideologicamente”. Infine, si è riservato libertà d’azione nei confronti di Teheran e non si capisce come agirà nei confronti della Cina. E’ assurdo pensare che in un secondo mandato Trump sarà più stabile e conciliante che nel primo, un leader equo e affidabile come dovrebbe essere l’uomo più potente della terra. Trump non lo è mai stato né in privato né in pubblico. Egli non rappresenta l’America, ne rappresenta i difetti. Non dimentichiamo che nel 2016 venne eletto pur avendo avuto 3 milioni di voti in meno di Hillary Clinton, quindi contro la volontà popolare. Colpa questa dell’antiquato e balordo sistema dei Grandi elettori, 538 fantasmi a cui è stata delegata la vera, non fittizia scelta del Presidente.
L’odio che minaccia gli americani
Ai quattro processi in corso contro di lui, uno per frode, uno per appropriazione indebita di documenti segreti, due per brogli elettorali nel 2020, Trump reagisce ancora con la “denuncia” che a commettere i brogli fu Biden, il quale in realtà ottenne 8 milioni di voti più di lui. I trumpisti e quei repubblicani che si sono allineati a loro continuano a prestargli fede, al punto di dichiararsi pronti a ricorrere di nuovo alla violenza per riportarlo alla Casa Bianca. Noi italiani ci lamentiamo della radicalizzazione dei partiti, della corruzione, dei personalismi della politica, ma in maggioranza non abbiamo un’idea degli odi che minacciano di separare gli americani, dal razzismo alle religioni. Si può solo sperare che una volta alle urne il popolo più armato al mondo (nelle sue case si contano più armi da fuoco che esseri umani) si ricordi di appartenere alla prima democrazia della storia, di avere avuto nel Partito Repubblicano un centrodestra tollerante, come ha tuttora un centrosinistra costruttivo nel Partito Democratico, e di possedere istituzioni con gli anticorpi necessari a prevenire qualsiasi autoritarismo.
Gli effetti sull’Europa
E l’Europa? Ci risiamo. L’Europa, che offre un modello di social democrazia difettoso ma migliore di quello americano, avrebbe una vita molto più facile se fosse rieletto Biden, e questo potrebbe anche nuocerle perché la relegherebbe all’ordinaria amministrazione, al dolce far niente, come è già accaduto in passato. Avrebbe una vita molto più difficile se venisse eletto Trump, ma questo potrebbe anche giovarle, perché la costringerebbe a volte a prendere decisioni a lui sgradite e ad assumere un ruolo internazionale più indipendente e più importante. Una trasformazione del genere potrebbe anche giovare all’Alleanza atlantica, dove l’Europa è in posizione di sudditanza dell’America, rendendo il rapporto tra di esse non diciamo paritario ma più equilibrato, cosa tra l’altro che servirebbe a contenere Trump nelle situazioni più pericolose, a meno che Trump non volesse fare dell’America una fortezza arcigna, chiusa in se stessa. Un’ipotesi che nessuno vuole azzardare, in quanto l’America e l’Europa hanno bisogno l’una dell’altra, e il mondo ha bisogno di esse per la stabilità e la pace.
C’è il pericolo che in America il 2024 degeneri in un “1984”, il titolo del romanzo di George Orwell del 1949 sul “Grande fratello”, un dittatore modellato su Hitler e Stalin? Penso di no perché Trump non può essere paragonato a nessuno dei due. Ma Trump deve garantire con i fatti non con le parole che, eletto Presidente o non, rispetterà i valori e le regole della democrazia.
Ennio Caretto