La guerra ucraina divampa da 930 giorni circa: presto supereranno i mille e porteranno il conflitto al suo quarto anno. Nessuno, quando la guerra scoppiò, avrebbe immaginato che sarebbe durata così a lungo, soprattutto non il Presidente russo Putin, che s’illuse di conquistare Kiev in due settimane, né il Presidente ucraino Zelensky, che s’illuse che la Nato l’avrebbe difeso sul campo. Ma il conflitto, adesso a un’impasse, rischia di protrarsi più di quello della Bosnia Erzegovina nella ex Jugoslavia di un trentennio fa, ossia più di quegli orrendi tre anni e otto mesi che fecero centomila morti circa, di cui circa 40 mila civili. E il bilancio della Guerra dell’Ucraina è già più traumatico: secondo i servizi angloamericani le vittime sono oltre centomila tra i militari russi, mandati da Putin al macello, un numero molto inferiore tra i militari ucraini, e quasi 15 mila tra i civili. Il conflitto potrebbe divenire il più lungo e sanguinoso e per l’Ucraina il più devastante dalla Seconda Guerra mondiale. L’Ucraina ha perso sinora un quinto del suo territorio e tra l’esodo dei rifugiati e il calo delle nascite ha perso dieci milioni di abitanti. I danni superano i 500 miliardi di dollari, e in vista dell’inverno i missili russi radono al suolo le centrali energetiche. Invano papa Francesco implora che le ostilità cessino, e cessino anche a Gaza.
Si alza la posta in gioco
Il pericolo che la Guerra dell’Ucraina si estenda alla parte orientale dell’Europa e coinvolga la Nato è cresciuto a causa della massiccia offensiva a sorpresa di Zelensky nella regione russa di Kursk e della feroce controffensiva di Putin nel Donetsk, la più contesa delle regioni, ucraina ma russofona. La Bielorussia, da sempre suddita del Cremlino, ha già ammassato truppe alle frontiere, e nel Nord europeo le ex Repubbliche baltiche sovietiche, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania, hanno aumentato gli aiuti militari a Kiev. Sia Putin sia Zelensky alzano la posta in gioco, il primo ammonendo che in casi estremi come un’invasione del proprio territorio (ma non è stato lui a invadere l’Ucraina?) la Russia potrebbe ricorrere ad armi nucleari, il secondo premendo sulla Nato affinché gli consenta di impiegare armi a lungo raggio nella regione di Kursk e di colpire “obbiettivi di alto valore” anche altrove. Nessuno dei due Presidenti è disposto a trattare, parla solo di vincere, presunte mediazioni come quelle del presidente indiano Modi in visita a Mosca restano infruttuose, e mediazioni vere, quale sarebbe quella dell’Onu, risultano impossibili. Le elezioni presidenziali americane dei primi di novembre aggravano le tensioni: Zelensky si rafforzerebbe se le vincesse la Vicepresidente Kamala Harris, ma si indebolirebbe se le vincesse Donald Trump. L’ex Presidente repubblicano considera Putin “un amico” e lo favorirebbe.
Unione Europea disunita
Come al solito sui problemi più cruciali l’Unione Europea è disunita. Josep Borrell, Vicepresidente della Commissione di Bruxelles, appoggia le richieste di Zelensky, una follia secondo il Presidente di turno del Consiglio europeo, il premier ungherese Viktor Orban, un vecchio cliente di Mosca. Ad alta voce, il Presidente francese Emmanuel Macron proclama che varie truppe europee dovrebbero recarsi a Kiev ad addestrare quelle ucraine, proposta a cui si oppone subito il Cancelliere tedesco Olaf Scholz. E’ assai più cauto il Segretario Generale della Nato, Jens Stoltenberg che caldeggia un ulteriore riarmo con alte tecnologie dell’Ucraina, a cui l’America peraltro ha già fornito i missili Atamcms e l’Inghilterra i missili Storm Shadow, ma con limiti rigidi al loro impiego. E lo è anche il Presidente americano Joe Biden, pubblicamente accusato dall’ultimo dei Kennedy, Robert Jr., che ha tradito i democratici e appoggia Trump, di combattere una guerra nascosta contro la Russia tramite l’Ucraina. Al momento, pare prevalere comunque la prudenza, la maggioranza dell’Europa non vuol permettere che Zelensky sia sconfitto ma nemmeno che scoppi una Terza Guerra mondiale. Il nostro ministro degli Esteri Antonio Tajani ha ribadito l’appoggio all’Ucraina ma ha detto “no all’uso delle armi italiane in territorio russo” ricordando l’urgenza di un dialogo con Mosca, tema che dominerà i lavori dell’Assemblea dell’Onu a settembre.
L’ipotesi della “pace fredda”
E’ un quadro angosciante, che non esclude però la possibilità di un armistizio a medio termine, una “pace fredda” al quarto anno del conflitto, non un trattato di pace ma un compromesso che consenta sia a Putin sia a Zelensky di non apparire sconfitti. I canali di comunicazione Washington-Mosca sono infatti rimasti aperti nonostante l’inatteso attacco ucraino alla regione di Kursk (contro il quale Biden ha nascostamente protestato). Lo dimostrano il recente scambio di ostaggi tra l’America e la Russia, in cui Biden ha ottenuto il rilascio di sedici detenuti in maggioranza americani e Putin la consegna tra gli altri di un importante agente segreto, e lo scambio tra Mosca e Kiev di centinaia di soldati presi prigionieri, ucraini e russi, proprio nella zona di Kursk. Sarebbe un trauma per i molti sostenitori di Zelesnky in Occidente, che pensano ancora che egli possa vincere la guerra e fare così cadere Putin, ma dopo lunghe trattative le due parti raggiungerebbero probabilmente un ambiguo “cessate il fuoco” che lascerebbe in sospeso la soluzione finale, compreso l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato. L’Ucraina non si riprenderebbe la Crimea né la gran parte del Donbass e del Donetsk, sul modello di quanto accadde in Corea negli Anni cinquanta, quando quella del Sud dovette rinunciare ai territori occupati da quella del Nord, situazione che permane ancora adesso, ma rimarrebbe una nazione indipendente.
Sempre più lontani dai popoli
C’è da sperare che l’attuale stallo del conflitto, nel quale la Russia non riesce a occupare nuovi territori ucraini, e l’Ucraina non riesce a insediarsi in nuove regioni russe, le induca prima o poi ad ammettere che il suo costo è troppo alto, soprattutto in vite umane, e che è meglio deporre le armi. Sia il popolo ucraino, che può esprimersi liberamente, sia il popolo russo che non può, sono esausti e impauriti di una guerra da essi non voluta. Inoltre l’economia ucraina è in ginocchio e gli aiuti finanziari euroamericani, che incominciano a pesare sui bilanci dei singoli Paesi, sono insufficienti. Al momento l’economia russa non sembra soffrire delle sanzioni occidentali, ma le sue risorse non sono inesauribili, e la produzione bellica è inadeguata, tanto che Putin è costretto a comprare armi e munizioni dalla Corea del Nord e dall’Iran. Può darsi che nei prossimi mesi si verifichino colpi di scena, a esempio nella zona di Kursk, dove il gas russo entra nei gasdotti ucraini che conducono in Europa, come capitò due anni fa nel Mar Baltico, dove il gasdotto Nord Stream fu fatto esplodere non dai russi bensì dagli ucraini a danno dell’Unione Europea. Ma se prevarrà la ragione sia Putin sia Zelesnky li eviteranno, non foss’altro perché nessuno dei due è più un intoccabile. Più la guerra continua e si espande, più le critiche ai due leaders aumentano. Il loro operato è nell’interesse nazionale, come essi sostengono?
Gli errori di Putin
Molto dipenderà da Putin. Il nuovo zar non da segno di volersi fermare, nel Donbas sta occupando la nevralgica città di Pokrvosk, lasciata stranamente indifesa da Zelesnky, che tuttavia tenterà presto di riprendersela. Ma Putin si è di certo reso conto di avere fatto male i suoi calcoli. Non soltanto ha incontrato in Ucraina una resistenza molto maggiore del previsto, non ha potuto neppure separare l’Europa dall’America per ciò che riguarda il conflitto, una separazione che avrebbe neutralizzato la Nato, né ottenere lo sperato supporto della Cina. E’ fallito anche il suo progetto di mobilitare i Brics, i colossi emergenti come la stessa Cina e l’India, contro l’Occidente, per formare un possente polo “antimperiale e anticoloniale” in grado di sopraffarlo non solo economicamente. Infine, sul piano militare si è trovato a combattere contro le armi euroamericane tecnologicamente più avanzate con delle armi del secolo passato, e ha cercato di rimediare a questa inferiorità con masse di soldati e di missili senza trarne grandi risultati, alienandosi le famiglie dei giovani spediti al fronte. In un altro Paese, Putin avrebbe già pagato questi errori, e infatti per non perdere il potere il nuovo zar, che sa di essere in bilico, è stato obbligato a rendere più spietata la sua dittatura, soffocando il dissenso interno, tra cui quello islamico che negli ultimi mesi si è manifestato con una serie di attentati, da lui falsamente attribuiti ai servizi segreti ucraini.
Serve una mediazione dell’Ue
E’ impossibile prevedere i prossimi sviluppi della crisi o puntare su un eventuale golpe contro Putin per risolverla. Le polemiche sul da farsi in Italia sono assurde, non si può permettere che la Russia conquisti l’Ucraina che merita di essere protetta e che ha bisogno di un forte sostegno militare. Ma parallelamente l’Unione Europea deve mediare tra le due parti, dato che l’Ucraina è da questo lato dell’Atlantico e non dall’altro. Non è solo un obbligo morale perché se la guerra non cesserà sarà l’Europa e non l’America (che anzi trae profitto da essa) a subirne le più gravi conseguenze umane ed economiche, a partire dai correnti sabotaggi russi nel suo territorio, in Germania in genere. Allo stesso modo, l’Unione Europea deve mediare più decisamene di quanto non faccia nella Guerra di Gaza che sta degenerando in una strage dei palestinesi dopo la “strage degli ebrei” consumata da Hamas. In entrambi i tragici conflitti si commettono oltre che crimini di guerra anche crimini contro l’umanità, e il terrorismo islamico se ne vendica già con accoltellamenti di innocenti e con attentati in Europa. Possibile che Putin e Zelensky, il premier israeliano Netanyahu e il leader di Hamas Sinwar restino sordi all’appello del Santo Padre? Che le ideologie, le politiche, persino le religioni insanguinino il Terzo millennio dopo il secolo scorso, il più sanguinoso della storia, con due Guerre mondiali e decine e decine di milioni di morti?
Ennio Caretto