Le elezioni in Turingia e Sassonia, nella ex Germania Orientale comunista, hanno registrato il trionfo dell’AfD, Alternativa per la Germania, l’estrema destra, impostasi come il primo partito con oltre il 30 per cento dei voti, nonché l’ascesa della BSW, l’Unione di Sahra Wagenknecht, l’estrema sinistra, che ha sfiorato il 15 per cento. Un esito che ha allarmato il cancelliere tedesco Olaf Scholz, un socialdemocratico, spingendolo a denunciare “il neonazismo e le sue trame oscure” che agitano il Paese. E non a caso, perché in Turingia, dove il locale leader dell’AfD, Bjorn Hocke, ha asserito che Hitler non era il mostro che si dipinge, e dove Sahra Wagenknecht ha elogiato Stalin, un mostro comunista, l’unica coalizione di governo possibile è quella tra i due opposti estremismi. Uniti per la prima volta da un odio comune, quello contro gli immigrati, anche se per motivi assai diversi, uno sovranista visto che secondo l’AfD gli immigrati corrodono la Germanità, la purezza della razza diceva Hitler, l’altro marxista, dato che per la BSW gli immigrati sottraggono lavoro ai tedeschi e gravano sul welfare, l’assistenza pubblica, fino a demolirla. Neonazisti e neocomunisti, entrambi profeti del partito unico e del potere assoluto, propongono la dittatura come soluzione di un problema che è il più ostico per le democrazie.
La protesta dell’ex Germania dell’Est
In realtà, le elezioni nella ex Germania dell’Est sono state condizionate anche da un altro fattore: la protesta populista e antipolitica di un territorio che si sente inferiore e discriminato rispetto a quello della Germania dell’Ovest. La sua rappresentanza nel governo è insufficiente, gli investimenti sia pubblici sia privati sono inadeguati, il tenore di vita non è soddisfacente. Ma il fatto che la protesta si traduca in voti per gli opposti estremismi alimenta il timore che nei popoli passati dal nazismo al comunismo subito dopo la Seconda Guerra mondiale cresca il desiderio se non di dittature almeno di regimi autoritari come quello di Orban in Ungheria. Hanno infatti governi di destra la Repubblica Ceca, la Bulgaria, la Serbia e la Croazia e li ha avuti la grande Polonia, tutti Paesi senza una stabile esperienze di democrazia, con un Dna politico plasmato da Hitler e da Stalin. Essi tuttavia non costituiscono un grave pericolo per l’Europa, sebbene rischino di disunirla su questioni importanti quale l’immigrazione. Il pericolo è costituito invece da partiti come l’AfD e la BSW appunto, che hanno omologhi nell’Europa Occidentale quale il Partito della libertà in Olanda e quale il Partito di coalizione nazionale in Finlandia, e attorno a cui ruotano formazioni neonaziste o neofasciste o neocomuniste pronte a usare la violenza.
Formazioni da combattere
Sono questi i partiti e le formazioni da combattere e se necessario da sciogliere da qualsiasi governo sia in carica nell’Unione Europea, di destra o di sinistra, perché potenzialmente matrici di terrore. La loro rete si estende all’intero Occidente, Gran Bretagna e Stati Uniti inclusi, e va da entità di vecchia data come la Casa Pound italiana a nuove entità come il Movimento nordico di resistenza nella Scandinavia. Ultimamente, l’Unione Europea ha incluso nel suo elenco di 22 organizzazioni terroristiche di estrema destra la Base americana, ma decine di altre dovrebbero farne parte, dalla inglese Azione Nazionale, che predica la Jihad o Guerra Santa bianca, sul modello del terrorismo islamico, alla Atomwaffen Division o Divisione Armi atomiche tedesca, che vuole un nazionalismo esasperato. La proliferazione di queste entità era passata quasi inosservata ma è oggi oggetto di operazioni di polizia anche in Italia. Il loro primo collante è la paura del “Great replacement”, la Grande sostituzione delle etnie e delle culture nazionali con quelle musulmane che a loro giudizio ci hanno invaso. Da esse deve prendere le distanze anche il gruppo Patrioti per l’Europa fondato da Orban con 84 seggi al Parlamento europeo contro i 188 dei popolari e 136 dei democristiani, gruppo di cui è membro la Lega di Salvini.
Europa spaccata in due
Quando si parla di un vento di destra sul continente occorre quindi distinguere. In maggioranza, la destra che governa in Europa è stata eletta democraticamente e si colloca al centrodestra tramite una qualche coalizione, a esempio in Svezia, in Belgio, in Portogallo e in Italia, e demonizzarla come fascista è controproducente: lo dimostra a casa nostra la crescita di Fratelli d’Italia e la stasi del Partito democratico sulla scia degli attacchi di Elly Schlein a Giorgia Meloni. La sinistra, che sino ad alcuni anni fa ha dominato la politica in Europa, deve prendere atto che l’Unione Europea è divisa in due parti quasi equivalenti. Dodici Paesi con circa 150 milioni di persone hanno governi di destra o di centrodestra, dieci Paesi con circa 170 milioni di persone hanno governi di sinistra o di centrosinistra, alcuni altri come la popolosa Francia stanno precariamente al centro. E’ vero che il Parlamento europeo rimane nelle mani della sinistra, ma essa deve incominciare a dialogare con la destra. Non si dialoga con formazioni neonaziste e nemmeno neocomuniste che si ispirano a Hitler o Mussolini e a Stalin o a Mao, il dittatore cinese, ma nell’interesse di tutti si confrontano progetti e si cercano intese con la legittima opposizione. E la destra? Essa deve abbandonare l’ambiguità che mostra nei confronti dei suoi gruppi eversivi.
La questione immigrati
E qui veniamo al problema più scottante, quello dell’immigrazione, uno dei problemi che stanno più a cuore a Papa Francesco. E’ chiaro che le elezioni in Turingia e in Sassonia hanno segnato la fine della “Wilkommens politik”, la Politica del benvenuto agli immigrati della ex cancelliera tedesca Angela Merkel, la più generosa in Europa. Non solo il Partito socialdemocratico di Scholz, anche la Cdu della Merkel, l’Unione Cristiana democratica, è sulla difensiva. Il motivo è che la maggioranza dell’elettorato germanico, soprattutto femminile, è spaventato dall’afflusso dei seguaci di Maometto. Dal Capodanno del 2015, quando a Colonia gruppi di musulmani diedero la caccia alle donne tedesche, e dalle successive dimostrazioni turche a favore del presidente Erdogan, un despota che in Germania ha seimila “informatori”, vale a dire spie, il terrorismo islamico ha reso insostenibile la situazione a Berlino. In nessun altro Paese in Europa, nemmeno in Francia dove i musulmani sono in fermento, si verificano tanti attentati da parte delle varie jihad, ed è probabile che essi aumentino a causa della Guerra di Gaza, guerra di una atrocità imperdonabile sia per i palestinesi sia per gli israeliani, ma che giova ad Hamas che la provocò con “la strage degli ebrei”, così la chiamò, un anno fa.
Non solo da Africa e Oriente
C’è dunque da pensare che per fermare l’ascesa delle estreme destre e di alcune estreme sinistre in Europa e altrove occorra innanzitutto risolvere la questione immigrati, prendendo poi altre misure di politica estera come un armistizio nella Guerra dell’Ucraina, causa anch’essa di aspri contrasti a Bruxelles, e promuovendo il pieno impiego, il rilancio del welfare e i diritti civili in politica interna. L’accoglienza di chi ha fame e non ha da mangiare è un dovere morale, ma limitare l’afflusso degli islamici con una loro più attenta selezione e con aiuti economici concreti ai Paesi di provenienza non sarebbe un atto di disumanità come sostiene la sinistra in Italia. Attualmente l’Europa non ospita solo immigrati dal vicino Oriente e dall’Africa, come consigliano i rapporti di buon vicinato e l’opportunità di avere maggiore influenza su quelle regioni, ospita anche immigrati dall’Estremo Oriente che dovrebbero gravitare nell’orbita delle potenze a essi vicine. Discernere tra gli islamici che entrano è impossibile e mentre la grande maggioranza è gente per bene non mancano bande terroristiche né bande criminali e infatti i media riferiscono sempre più di frequente dei loro reati non in malafede ma per sollecitare ai governi una nuova strategia dell’immigrazione, sinora invano invocata dal popolo europeo.
Islam e reciprocità
Lasciare la situazione come è, conviene ripetere, equivale a fare il gioco delle estreme destre e di alcune estreme sinistre, permettere cioè che l’astio se non anche l’odio contro gli immigrati cresca. Il principio fondamentale delle relazioni internazionali è la reciprocità, non è accettabile che un Paese dia sempre senza prendere nulla e che un altro prenda sempre senza dare nulla. Ma è quello che avviene con l’Islam, che pretende che il Paese ospite rispetti le sue norme, vedasi la vacanza nelle nostre scuole per il Ramadan, la sua Festa santa, e però gli rifiuta qualsiasi deroga nel proprio territorio. Nel mondo dell’Islam vi sono immense ricchezze, molto superiori a quelle dell’Europa, ma non vanno minimamente agli immigrati che anzi, se accolti, vengono schiavizzati e non di rado perdono la vita sul lavoro. E’ la strada che conduce allo scontro di civiltà previsto trent’anni fa dal grande politologo Samuel Huntington e alla Guerra di religione, strada si badi bene sulla quale camminano spediti Hamas, l’Iran e le varie jihad di cui sopra. Le nostre categorie mentali non sono applicabili all’Islam. Esso non è una democrazia è una teocrazia e il sacerdote, l’Ayatollah o l’Imam non è soltanto un leader religioso è anche un leader politico ed economico. La moschea è altresì la sede del suo Partito di Dio.
Da un lato quanto sta succedendo a Gaza impone all’Unione Europea l’obbligo di mediare, dall’altro è un monito a contenere ed emarginare gli opposti estremismi e a riflettere sull’immigrazione fino a confrontare decisamente l’Islam. Se non si fa chiarezza al riguardo, se non si adotta la stessa linea in tutta l’Europa i discorsi sulla integrazione resteranno velleitari e inutili, e le nostre democrazie si indeboliranno. Purtroppo per i nostri leaders è molto più facile colpevolizzare l’avversario che non condivide le loro proposte che concordare un cambiamento.
Ennio Caretto