Da cinquecento anni assistiamo ad un enorme progresso delle scienze e alla frenata, anzi all’arretramento, della filosofia.
Questo può sconcertare chi si confronta con queste due formidabili sfide all’intelligenza dell’uomo.
Nel mondo occidentale e per quanto ci può maggiormente interessare, in Italia, la morale e la religione sono chiaramente patrimonio di una minoranza, molte volte svillaneggiata dalla maggioranza che propugna il progresso e la modernità.
Il nuovo che avanza, tuttavia, ha il rancido del vecchio imbellettato. Il divorzio fu concesso da Mosé per la durezza del cuore degli israeliti 3250 anni fa, e la poligamia un tempo era privilegio dei ricchi e dei potenti. Anche Saul, Davide e Salomone, tremila anni fa, avevano cospicui harem, e la pedofilia era in uso nella civilissima Grecia dei filosofi e della democrazia. L’aborto era praticato a Roma e a Sparta, perché il “padre di famiglia” aveva potere assoluto sulla prole. La prostituzione era “sacra” presso i pagani e i carnevali dell’antica Roma avevano nulla da imparare da quelli brasiliani.
Il cristianesimo rivoluzionò i concetti pagani con la fede in Gesù rivelazione del Padre. La morale si pose come categoria razionale alle domande ultime: “da dove veniamo, dove andiamo, perché moriamo, cosa sarà di noi dopo la morte, Dio ha qualche motivo per rivelarsi a noi?”.
Sono domande difficili, che impegnano tutta la vita e danno senso ad essa.
Più facile allora fermarsi alle domande penultime e cercare non quello che l’uomo è e sarà, ma quello che ha, anche se è contingente e lo perderà.
E gli applausi dei trionfatori delle domande penultime, presto si esauriscono.
p.b.
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