CASALE – “Quanti bambini sono nati stanotte in refettorio?”. Una domanda sicuramente inusuale, soprattutto perché il refettorio era quello di un convento e l’interrogativo se lo ponevano i frati carmelitani. Per più di tre anni, da fine 2013, il convento alle porte di Bangui, capitale della Repubblica del Centro Africa, è diventato un campo profughi. Qui sono state accolte fino a 10 mila persone. Erano tutte in cerca di rifugio dalla guerra divampata nel Paese tra fazioni opposte. I frati missionari e i loro collaboratori si sono trasformati in infermieri (trasformando tra l’altro il refettorio in ospedale), esperti in logistica, procacciatori dei cibo, insegnanti.
La Missione carmelitana si è trovata praticamente catapultata in prima linea. Di questa esperienza su iniziativa del servizio missionario della Diocesi ha parlato padre Federico Trinchero, 44 anni, lo sguardo di un ragazzo, originario di Cerrina e che dal 2009 vive in quel Paese. “Nessuno di noi è un eroe, ma tutta la nostra comunità si è messa in gioco” ha sottolineato padre Trinchero.
Dal canto loro, i carmelitani hanno promosso la nascita di opere quali le scuole, un ospedale pediatrico, una scuola agricola, persino un mattonificio, che produce i “mattoni della speranza”, con i quali vengono costruiti edifici per la comunità, infrastrutture, ma anche il nuovo convento e la chiesa. “E’ un progetto finanziato con i fondi dell’8 per mille” ha rimarcato padre Trinchero. I soldi devoluti dai contribuenti con la dichiarazione dei redditi vanno quindi a buon fine, offrendo un supporto anche ai missionari. Il progetto “mattoni della speranza” dà lavoro a una trentina di persone, molti ex profughi: “Il primo cliente – ha evidenziato padre Trinchero – è stato il Papa, ora si prosegue a pieno ritmo: c’è un intero Paese da costruire”. Poi c’è il progetto delle borse di studio per sostenere nel cammino di formazione gli allievi dalla scuola elementare all’università. “Abbiamo aiutato 50 universitari e più di 200 bambini e ragazzi: due giovani sono diventati medici, una ragazza sta per diventarlo: è la prima del Paese, uno è il primo Nefrologo del Centro Africa, poi ci sono tre oculisti, un radiologo, un ingegnere – ha detto padre Trinchero -. Proprio con questo progetto abbiamo sperimentato della Provvidenza: alla fine dell’anno i soldi sono finiti, ma regolarmente ne arrivano altri”.