L’allarme lo ha dato la rivista americana “Foreign affairs” qualche settimana fa citando un anonimo dirigente dell’intelligence tedesca: “Agenti dei servizi di sicurezza russi – le ha dichiarato a Berlino il dirigente – possono avere istigato gli attentati terroristici dell’Isis e di altre milizie islamiche negli ultimi anni in Germania affinché si rafforzi la nostra estrema destra che è contraria ai nostri aiuti all’Ucraina”. Di recente, ha fatto eco a “Foreign affairs” la Tv pubblica tedesca Zdf citando un caso specifico del maggio del 2024 , l’attentato di un giovane afgano, Sulaiman Ataee, a un fanatico antiislamista, Michael Stuerzenbenger, a Mannheim, attentato con un coltello in cui rimase ucciso un poliziotto: “Abbiamo scoperto messaggi alla Google russa – ha affermato la Zdf – su questo attentato quattro giorni prima che avesse luogo”. Commentando la notizia, il capo dell’intelligence della Turingia Stephan Kramer è andato oltre: “Sebbene non se ne parli pubblicamente – ha asserito – sappiamo di essere in guerra da parecchio”, con chi non ha ritenuto necessario precisarlo. In merito si è pronunciato anche l’MI5 britannico, la mitica Military Intelligence sezione 5: “Seguiamo la pista russa non solo in Germania, ma anche in Austria”.
Pista austriaca
Il riferimento all’Austria è significativo. E’ in Austria infatti che operava forse la più importante spia di Putin dallo scoppio della guerra dell’Ucraina, Jan Marsalek, il numero due della Widecard, l’autore della massima frode finanziaria in Germania dalla fine della Seconda guerra mondiale. La spia, che è fuggita a Mosca e si spaccia ora per un pope, un prete ortodosso, ha finanziato con la Wirecard le operazioni clandestine del Gru, l’omologo russo dell’MI5, a Vienna e a Berlino, e ha reclutato le talpe del Cremlino nei servizi segreti europei, le più celebri delle quali sono gli austriaci Martin Weiss, che si è rifugiato nel Dubai, ed Egisto Ott, che invece è finito in carcere. E’ stato Christo Grozev, un noto giornalista bulgaro della rivista tedesca “Der Spiegel”, a svelare l’identità di Marsalek e a costringerlo alla fuga. Grazie a lui, le intelligence austriaca a tedesca hanno messo le mani sulle reti di attentatori e sabotatori creata dall’agente di Putin, in particolare sulla rete bulgara. Hanno così appreso come Marsalek si accingeva a eliminare Grozev, nel frattempo portato però in salvo a New York, “assumendo un attentatore suicida dell’Isis per farlo saltare in aria per strada” spiega l’agente di Putin a un complice.
Professionisti del terrore
E’ la prima volta che l’intelligence tedesca ammette che sia in corso una “guerra ombra” soprattutto tra la Russia e la Germania ma anche tra la Russia e altre potenze europee a causa del conflitto in Ucraina, e che il Cremlino la combatta con la complicità di gruppi di terroristi islamici e degli eredi del Kgb, l’odiata polizia politica sovietica, ancora nascosti negli ex Paesi comunisti. Berlino punta il dito contro il Gru per ragioni precise. Gli attentati richiedono pianificazioni, tempistiche ed esecuzioni di tipo militare, si tratti di fare esplodere depositi di armi e munizioni, o di colpire con un’auto un corteo dei sindacati o mercatini di Natale, singoli individui o piccole cellule non sono in grado di organizzarli senza aiuti. Inoltre gli attentati costano, bisogna sapere gestire ingenti somme di denaro senza destare i sospetti delle varie intelligence e assoldare le persone adatte. E soprattutto occorre un terreno fertile dove trovarle, il mondo dell’Islam, in cui la Russia è entrata oltre mezzo secolo fa e dove Putin mantiene una forte presenza, in gran parte occulta. Per tacere della Cecenia, che fa parte della Federazione Russa, da cui Putin invia killers di fede musulmana in Germania facendoli passare dalla Bielorussia e dalla Polonia.
L’attentato al Papa
La “guerra ombra” dello zar mi ricorda l’attentato al Papa polacco, Papa Wojtyla, il 13 maggio del 1981. Ebbe luogo in un contesto che faceva del Cremlino il primo indiziato. In Polonia cresceva la rivolta contro l’Urss guidata dal sindacato Solidarnosc di Walesa che sarebbe stato poi sciolto a dicembre all’affacciarsi dei carrarmati russi alle frontiere. Analoghi fermenti si registravano in altri Paesi dell’Europa comunista come l’Ungheria e la Germania dell’Est dove Solidarnosc, finanziato in segreto dai sindacati americani per volontà del Presidente Reagan, era assurto a modello da seguire. L’Urss, atea e anticapitalista, temeva di perdere il proprio impero e vedeva in Giovanni Paolo II un alfiere della ribellione nei suoi Stati satelliti e un alleato dell’America. L’assassinio del Santo Padre sarebbe perciò stato un monito traumatico per tutti, da Roma a Varsavia a Washington. Ma in Italia la nazionalità turca di Ali Agca, l’attentatore a Wojtyla, e la sua appartenenza al gruppo estremista islamico dei “lupi grigi” depistarono le indagini. Si trovò una “connessione bulgara”, un legame di Agca con la polizia politica di Sofia, una emanazione del Kgb, ma non si trovarono le prove che essa fosse coinvolta nell’attentato e che Mosca fosse la mandante.
I dossier desecretati
Rammento che il triennio successivo alla miracolosa sopravvivenza del Papa fu il più pericoloso della Guerra fredda tra gli Usa e l’Urss, come constatai molto più tardi dai dossier desecretati della Cia, il servizio segreto americano. Un triennio nel quale, per la precisione nel 1983, si sfiorò l’olocausto nucleare, come testimonia un discorso della Regina britannica Elisabetta, da lei mai tenuto ma reperibile su internet. La “guerra ombra” tra le due superpotenze non degenerò in un confitto atomico solo grazie all’assidua opera di pace svolta dal Santo Padre, dal presidente Reagan e dal nuovo leader sovietico Gorbaciov, che prese il potere nel 1985. Ci vollero altri anni prima che il giudice Ferdinando Imposimato, l’istruttore del processo iniziale ad Agca e ai suoi probabili complici bulgari, giungesse alla conclusione che dietro l’attentato si nascondevano, oltre agli agenti di Sofia, anche il Kgb e la Stasi della Germania dell’Est, la più invasiva agenzia di spionaggio dell’intera Europa. Nel 1997 Imposimato scrisse una lettera al riguardo a Giovanni Paolo II, che condivise la sua analisi, e nel 2004 il nostro Parlamento publicò un rapporto firmato dalla maggioranza che la confermava. L’attentato non era più un mistero.
Da Breznev a Putin
Non mi sembra che tra il comportamento di Breznev, il Presidente sovietico dei primi anni Ottanta, e quello di Putin oggi ci sia molta differenza. Breznev era un ex commissario politico delle forze armate e ne applicava i metodi, uccisione di innocenti inclusi, e Putin è un ex colonnello del Kgb, e fa la stessa cosa. Se c’è una differenza, riguarda il mondo dell’Islam, Putin vi è più addentro di quanto Breznev non ne fosse, e vi fa ancora più ricorso, ha il sostegno degli Ayatollah in Iran e di alcune milizie terroristiche. E comunque il suo obbiettivo è simile a quello di Breznev, se non il possesso almeno il dominio di parte dell’Europa. Walesa, che divenne Presidente della Polonia e Premio Nobel per la pace, lo ha detto chiaramente rievocando il crollo dell’impero sovietico: “Noi sconfiggemmo l’Urss per avere la democrazia e adesso voi dovete fermare Putin per salvarla”. Ha anche indicato come, esortando l’Unione Europea a non permettere a Putin e a Trump “di giocarsela da soli sull’Ucraina” e a cercare di convincere i russi “che noi lottiamo nel loro interesse, per la loro libertà”. Putin conduce una campagna di disinformazione nell’Unione Europea, l’Unione Europea conduca una campagna d’informazione in Russia.
Il ruolo del Gru
In America il Centro di Studi Strategici Internazionali ha quantificato la “guerra ombra” russa in Germania. Dal 2022 al 2023, ha scritto, gli atti di sabotaggio e sovversione, gli attentati e attacchi a cose e a persone si sono quadruplicati, e dal 2023 al 2024 si sono triplicati. Il Gru ha diretto il 27 per cento delle operazioni contro i trasporti, il 21 per cento contro le infrastrutture, e un altro 21 per cento contro l’industria bellica. Si è servita della cibernetica per lo spionaggio, l’interruzione delle comunicazioni, il condizionamento dei media e via di seguito. E ha infiltrato le associazioni dei rifugiati politici e dei migranti non solo islamici ma anche euroorientali, innanzitutto ucraini, sia per fomentare il terrorismo sia per eliminare gli antiputinisti. Secondo il Centro di Studi Strategici e Internazionali, la intelligence tedesca o Bnd sorveglia soprattutto i jihadisti, i combattenti della Guerra Santa islamica, accolti in Germania: a gennaio, due afgani sono stati accusati di attentati in Afghanistan su ordine del Gru, e un terzo è stato respinto alle frontiere. Come credere quindi che qualora s’insediasse in un quarto dell’Ucraina Putin non si spingerebbe più avanti, in parte della Polonia, a esempio, e dei Paesi Baltici?
Un dialogo a tre
Con ogni probabilità la “guerra ombra”, o “guerra ibrida” come viene anche chiamata, è venuta per restare e purtroppo si espanderà con l’intelligenza artificiale. L’Unione Europea deve raccogliere l’invito di Walesa a rafforzare le proprie difese e al tempo stesso a negoziare con Putin. Trump sta dando segni di non volerla escludere dalle trattative sui dazi e forse neanche da quelle sull’Ucraina. Se davvero sarà così, lo zar dovrà rassegnarsi a un dialogo a tre. Trump segue la “guerra ombra”, gliene parla ogni giorno la Cia, e non sfalderà la Nato. E’ già una guerra fallita perché non ha spaccato in due né l’Ue né la Germania e perché se si trasformasse in una vera guerra europea la Russia la perderebbe. E Putin lo sa bene.
Ennio Caretto