Dopo l’approvazione definitiva alla Camera della legge sulle unioni civili, sono molti i lamenti e le osservazioni che si fanno e che vengono anche dalle varie espressioni dei cattolici. Ma io mi limito ad una sola, che riguarda specificatamente i credenti. Osservava acutamente il giornalista Beppe Del Colle su Famiglia Cristiana circa 25 anni fa, quando l’assassinio di Aldo Moro avvenuto 15 anni prima aveva accelerato la presa di coscienza della crisi e rendeva più rapida la frantumazione della rappresentanza politica dei cattolici, che la conclusione sarebbe stata inevitabile e cioè l’insignificanza degli stessi. E così è stato.
Mentre la DC, che come partito unitario dei cattolici aveva impresso per quarant’anni lo stile di Governo del Paese cercando di attuare, pur con mediazioni ed errori, gli ideali del Vangelo e la Dottrina sociale della Chiesa, la sua scomposizione segnò una crisi che ancor oggi si manifesta.
Così si è fatta più forte l’egemonia delle ideologie radicali che con l’appoggio dei giornaloni sempre più ha emarginato le radici religiose dalla politica.
E così dobbiamo considerare che il pensiero dei cattolici in Italia, un tempo determinante, ora è relativo.
Avere una voce flebile è solo relativo ed è conseguenza il fatto che i cattolici non contano perché non hanno più i numeri nella politica. La verità, più volte espressa da Papa Benedetto XVI con la denuncia della deriva della società civile per la secolarizzazione e il relativismo etico e ora da Papa Francesco con il richiamo alle radici di fede e alla purezza del Vangelo, è che nei numeri i cristiani in Italia sono davvero minoranza e che nel mondo laico, sia cattolico che civile la scomparsa di personaggi carismatici che rappresentavano e portavano un pensiero, una cultura e una proposta cresciuta nella base è stata sostituita da capi popolo e tribuni che parlano e sono ascoltati dalla pancia e non dal cervello della gente con visioni miopi, demagogiche e sostanzialmente sterili e ingannevoli.
Per guarire, prima bisogna rendersi conto della gravità del male, poi prendere l’amara medicina di ricostruire una comunità che ricerchi e abbracci la strada lunga e difficile della verità e abbandoni le furbizie e le scorciatoie. Come già 1850 anni fa l’acuto autore cristiano della “Lettera a Diogneto” esponeva, il cristiano ha la missione di essere l’anima del mondo. E ci vorrà molto tempo, per avere un cambiamento, due o tre generazioni: forse tutto questo secolo XXI.
E senza piangerci addosso. Perché se siamo minoranza ma Dio è con noi, lui fa la differenza e presto o tardi si manifesterà.
paolo busto
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