Cari fratelli e sorelle,
domenica scorsa, IIª di Quaresima, ho celebrato la Santa messa in cappellina del vescovado con due sacerdoti.
Una situazione che non avrei mai immaginato di vivere.
Questo periodo che stiamo attraversando è per tutti inedito e veramente eccezionale.
Dovevo essere nel pieno della visita pastorale all’Unità Madonna dell’Argine – San Giovanni Bosco e invece sulla mia agenda ho dovuto tirare tante righe di cancellazione su bellissimi incontri con la gente, i bambini, i ragazzi e le famiglie. Mi manca molto questo, come penso manchi anche a voi l’incontro domenicale comunitario con il Cristo risorto nell’Eucarestia. Per molte persone, fedeli alla messa domenicale, queste settimane di digiuno eucaristico sono davvero un motivo di sofferenza, perché si viene privati dell’incontro con il Risorto che ci fa il dono della sua Parola e del Pane della vita. La lontananza dall’Amato farà crescere ancora di più il desiderio dell’incontro con lui. Quando siamo privati di una cosa che abitualmente avevamo, cresce la nostalgia per ciò che momentaneamente non possiamo più avere. In queste settimane che ci stanno davanti, perché non approfittarne per trovare più tempo in famiglia per leggere le letture della domenica, pregare di più insieme e pensare a qualche gesto di carità per aiutare chi è in difficoltà e nel bisogno…
Penso anche alla sofferenza dei vostri sacerdoti che non possono celebrare la messa insieme a tutta la comunità.
Una cosa però è certa: là dove è stato scritto che la messa è sospesa, bisogna intendere che è sospesa la messa con la comunità, ma non certamente la messa giornaliera che viene celebrata senza il popolo dai sacerdoti e dal vescovo per tutti.
La messa c’è sempre, non si sospende mai e viene celebrata anche per chi non può essere presente.
Leggendo il decreto del Presidente del Consiglio, con i provvedimenti presi nella notte di sabato e poi ancora in quella di lunedì sera, emerge forte un pensiero: questa normativa che può sembrarci pesante e coercitiva, si origina dal fatto che noi tutti siamo legati a vicenda, sia che ci conosciamo, sia che non ci conosciamo affatto e le regole che ci vengono imposte sono strumenti efficaci per impedire la diffusione del contagio.
Dalla responsabilità delle nostre azioni e dall’osservanza di quanto richiesto a tutta la popolazione, dipendono la vita e la salute delle persone più deboli e anziane o malate anche se non le conosciamo. È un atto di grande civiltà rispettare le regole che ci hanno imposto per salvaguardare l’esistenza delle persone più fragili. Questa crisi sanitaria ci obbliga ad uscire dal nostro individualismo e pensare che ogni nostro gesto e scelta, può condizionare la vita di altri.
Durante la messa della prima domenica di quaresima, che ho celebrato dopo i giorni di digiuno eucaristico nella settimana delle Ceneri, ho ricordato come il nostro delirio di onnipotenza e di tecnicismo esasperato venga messo in crisi da un microrganismo che si può vedere solo con il microscopio elettronico. Basta un virus sconosciuto per farci comprendere che non siamo padroni della nostra esistenza, dei nostri progetti e di tutto ciò di cui ci vantiamo. La vita, non è nostra, è un dono prezioso che dobbiamo difendere fino in fondo, con la consapevolezza che siamo fragili creature e che basta un niente, per demolire le nostre certezze incrollabili e mettere in ginocchio intere società ed economie. In questi giorni ho sentito alcune testimonianze di medici, operatori sanitari e volontari che senza guardare all’orologio, alla fatica e ai turni si sono messi a disposizione di ammalati, anziani e persone bisognose di cure e attenzioni. A tutti costoro va la nostra preghiera costante, affinché sentano che c’è una comunità che li accompagna con il ricordo e la riconoscenza. La preghiera ci avvicina a chi è ammalato; a chi è solo, a chi deve guardare i bambini che per ancora un lungo mese saranno a casa da scuola.
Sabato scorso alla sera ho recitato il rosario davanti alla Madonna dell’Abbandono in cattedrale con i canonici e i parroci della città, per affidare a lei i giorni difficili che il nostro territorio e l’intera nazione stanno vivendo.
Questo giovedì, da solo, lo farò anche dal Santuario di Crea nella cappellina della Madonna.
Perché non farlo anche nelle nostre case con la famiglia riunita? Recitare il rosario insieme. Sarebbe davvero un momento forte di preghiera invocando l’intercessione della Madonna che ci è stata data da Gesù come Madre di Consolazione e di Speranza.
Domenica prossima, 3ª di Quaresima, il Vangelo ci presenta Gesù che si incontra con la donna samaritana al pozzo di Sicar, e ne nasce un dialogo stupendo che è una catechesi, che ci porta a scoprire Cristo come acqua viva per la nostra sete di Infinito. In questi giorni ci pare di essere nel deserto, assetati di sicurezze e di salute per la nostra vita, per i nostri cari e per tanti nostri fratelli conosciuti e sconosciuti. A tutti Gesù dice che lui è l’Acqua Viva che zampilla per la vita eterna. Lui è la sorgente della vita che vince lo sconforto e la tentazione di ripiegarci su noi stessi. Lui vince la nostra rassegnazione e le nostre paure e ci dà la forza per uscire da questi momenti che sono difficili per tutti.
Vorrei ringraziare i miei preti a cui va sempre la mia stima e la riconoscenza, per il loro servizio e per la testimonianza di vita che seminano nelle nostre parrocchie;
anche i diaconi e tutti coloro che fanno sentire la vicinanza del Signore alle nostre comunità.
Grazie a tutte le Autorità Sanitarie e Civili per la responsabilità che hanno in questa emergenza che ha toccato tutti.
Grazie a coloro, che nel silenzio pregano per tutti affinché il Signore ci sostenga, ci aiuti e ci dia tanta forza e coraggio per vincere ogni paura e timore.
Impegniamoci tutti insieme a pregare di più e meglio!
Con una delle più antiche preghiere mariane (III sec.), trovata in una pergamena nel deserto, il Sub tuum praesidium, mettiamoci sotto la protezione di Maria confidando sempre nella sua materna intercessione e aiuto:
Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio,
Santa Madre di Dio:
non disprezzare le suppliche
di noi che siamo nella prova,
ma liberaci da ogni pericolo,
o Vergine gloriosa e benedetta.
† Gianni Vescovo