CASALE – Sabato pomeriggio nella suggestiva cornice del chiostro piccolo di Santa Croce, Fabio Marzano, giornalista di botanica e natura, ha presentato il suo ultimo libro: Il ritorno delle piante. Storie di nuove convivenze tra uomo e natura, pubblicato, ad aprile, per edizioni EDT.
L’incontro, organizzato dal parco del Po Piemontese e Monfrà Jazz fest, è stato moderato da Pierangelo Iviglia giardiniere specializzato in gestione e recupero giardini e parchi storici. L’atmosfera intima delle simmetriche e curatissime aiuole che ornano il chiostro piccolo di Santa Croce e l’allestimento di sedie poste in cerchio, ben si addicevano al racconto, quasi sussurrato, del lento, ma risoluto, movimento del mondo vegetale di cui tratta il volume.
Che si tratti di un riappropriarsi degli spazi originari o di una nuova colonizzazione, le piante tornano sempre. Il più delle volte da sole, in alcuni casi con l’aiuto dell’uomo. Una fortuna per noi e per il pianeta. Sì, perché molte di esse, crescendo indomite in contesti post industriali, basti pensare alla zona di Seveso avvelenata dalla diossina o i suoli sterili delle miniere del Sulcis, non solo riescono nel difficile compito di abbellirli riportandoli all’aspetto naturale, ma in alcuni casi, sviluppano capacità di fitorisanamento: una bonifica realizzata da erbe e alberi.
Rare orchidee spontanee, pioppi, olivi, erba medica, girasoli e canapa industriale, solo per citare alcune specie, rappresentano una vera cura vegetariana per disastri ambientali, perché capaci di assorbire, tramite la sintesi clorofilliana, il potenziale tossico degli inquinanti senza subirne gli effetti collaterali. Benefici eco sistemici che hanno persuaso scienziati e giardinieri a collaborare per attuare, dove possibile, un vero e proprio restauro ambientale: raccolta e coltivazione di semi di piante autoctone che si erano perse con l’uso intensivo del suolo in aree agricole; inserimento in contesti densamente urbanizzati di alberi “polifunzionali”cioè capaci di migliorare sotto diversi aspetti la vita nelle aree metropolitane.
Caso esemplare l’olivo, la cui diffusione capillare, anche in aree fortemente antropizzate, in origine era legata alla produzione alimentare. Una finalità unicamente redditizia che ha portato all’abbandono di molte varietà ritenute poco produttive. La scoperta della capacità di questa pianta di assorbire CO2 e di rilasciare in cambio ossigeno ha però favorito la riabilitazione anche delle varietà dimenticate e oggi gli oliveti urbani sono una realtà, apprezzata anche per il valore ornamentale e simbolico di queste piante secolari. La via della collaborazione virtuosa tra uomo e Natura pare tracciata.
Elisa Massa