Prosegue la rubrica dedicata ai giovani delle superiori che intervengono sul sito del nostro giornale su temi di attualità o argomenti che li hanno particolarmente colpiti durante le lezioni a scuola. In questi giorni si celebra la Giornata della Memoria e alcuni classi dell’Istituto Leardi si sono recate a Milano per una visita al Memoriale della Shoah. Queste le riflessioni di Elisa Brovia della classe 5 A dell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio (Cat).
“La nostra visita a Milano è iniziata dal muro dell’indifferenza, voluto personalmente dalla Senatrice a vita Liliana Segre. Il muro, sul quale è incisa la parola “Indifferenza”, sta a simboleggiare non solo le persone che durante le deportazioni erano indifferenti davanti alla sofferenza di tutti gli ebrei, ma è anche un muro che, dividendo fisicamente l’entrata del memoriale e il resto della stazione, rappresenta come ben poche persone sapevano quello che avveniva lì. Infatti, non è possibile vedere oltre il muro, così come i milanesi tra la fine del 1943 e l’inizio del 1945 non erano a conoscenza di ciò che stava succedendo a migliaia di ebrei e oppositori politici, in quanto le persone venivano spostate durante la notte, quando vi era il coprifuoco. Successivamente ci hanno fatto vedere uno dei vagoni adibiti al trasporto delle merci, gli stessi usati per trasportare gli ebrei: i vagoni erano estremamente piccoli per il numero di persone che venivano stipate al loro interno. Molti, infatti, già stremati da una permanenza di alcune settimane nel carcere di San Vittore, morirono durante il viaggio, dato che il poco cibo che veniva dato veniva distribuito alla partenza, senza che si sapesse quanto il viaggio sarebbe durato. Inoltre i vagoni, una volta riempiti, per evitare che qualcuno tentasse la fuga, venivano chiusi, e la chiusura stessa veniva saldata. Ci hanno poi mostrato il Binario 21, spiegandoci che in realtà è il binario che collegava i due piani della stazione centrale di Milano: ad ogni binario in superficie ne corrisponde uno nella parte inferiore della stazione ed il binario 21 aveva lo scopo di trasferire dal piano inferiore a quello superiore, attraverso un sistema meccanico, i convogli che avrebbero dovuto trasportare soltanto merci, tanto che a lato della piattaforma elevatrice c’era un cartello che vietava espressamente il trasporto di persone, questo a sottolineare che quelle persone, una volta salite su quel treno, non erano più tali, ma bensì diventavano delle cose, o come li chiamavano i tedeschi “stück”, che significa letteralmente “oggetto”. Lungo il binario, sulla banchina, vi sono posizionate delle targhe di pietra, con dei luoghi e delle date incisi sopra: elencano tutti i treni contenenti deportati partiti da Milano, il giorno della partenza, la destinazione e chi erano i prigionieri: in base a dove erano posizionate le targhe si poteva capire se trasportassero solo ebrei, solo oppositori o entrambi. Poco più avanti c’era il Muro dei Nomi, che elencava solo alcuni dei nomi dei deportati, questo perché non si sa con certezza il numero esatto dei deportati. Di queste migliaia di persone solo poche, circa una ventina, sopravvissero. Successivamente, la visita si è spostata in una stanza buia, circolare, con una sola fonte di luce al centro e con una panca lungo il perimetro del cerchio. Ci hanno fatto sedere sulla panca che, essendo disposta lungo una circonferenza, non ha posti migliori o peggiori, si è seduti uno accanto all’altro, questo a simboleggiare che siamo tutti uguali. In questa sala, denominata “Luogo di Riflessione”, ci hanno chiesto a turno di fare alcune riflessioni su ciò che avevamo appena visto, e ovviamente non ci è voluto molto per far emergere l’opinione comune di quanto fu disumano e barbarico ciò che accadde a tutte quelle povere persone. All’uscita dalla sala poi, ci è stato lasciato un po’ di tempo libero per vedere dei filmati in cui alcuni dei sopravvissuti, tra cui anche la Segre, raccontavano la loro esperienza durante il viaggio in treno.
Giornate come queste saranno sempre più necessarie, soprattutto quando i testimoni di queste tragedie non ci saranno più per raccontare alle nuove generazioni l’orrore che hanno vissuto e che si sono portati dietro per tutta la vita, questo per far sì che per una volta, la storia ci sia di insegnamento, e non si ripeta più”.