“L’Unhcr sollecita l’Europa a consentire lo sbarco di 507 passeggeri soccorsi” dalle navi Open Arms e Ocean Viking. “Questa è una corsa contro il tempo. Le tempeste stanno arrivando”. Così Charlie Yaxley, portavoce dell’Unhcr per Africa e Mediterraneo/Libia, in un tweet del 13 agosto nel quale afferma che alle due navi delle Ong “deve essere consentito di attraccare immediatamente” per mettere in salvo le persone a bordo.
“Molti leader europei – ricorda – hanno espresso il loro shock dopo Tajoura e il naufragio del mese scorso”. “Ma le parole di solidarietà non bastano”, ammonisce Yaxley aggiungendo che “le espressioni di cordoglio non possono sostituire l’accesso al territorio e le procedure di asilo”.
“Nel 2019 quasi 600 persone sono morte o scomparse nel Mediterraneo centrale”, sottolinea il portavoce, evidenziando che “queste morti erano prevenibili. E più vite sarebbero andate perdute inutilmente se non fosse stato per il lavoro delle imbarcazioni delle Ong. Dovrebbero essere supportate, non criminalizzate né stigmatizzate”.
Invitando a recuperare una “sobria obiettività” nel dibattito, Yaxley osserva come “i numeri degli arrivi sono tornati ai livelli pre-crisi. Eppure le morti rimangono alte”. “Non c’è più una crisi di arrivi ma c’è una crisi di morti”, tuona il portavoce dell’Unhcr, per il quale “dobbiamo agire in modo che le persone in fuga dalla guerra in Libia non muoiano in mare”.
Così la chiusura dei porti è in realtà il respingimento indiscriminato, e il “mare nostrum” è stato trasformato in “mare mortuorum”.