Noi europei abbiamo una fortuna: Trump, se non ci odia, ci disprezza. Se non ladri, per lui siamo parassiti: “L’Unione Europea – ha dichiarato – è stata concepita per fregarci”. Non parliamo del suo vice Vance. Ci accusa di “tradimento dei valori occidentali” e di depravazione. Per tacere del terzo membro della trojka, Musk, secondo cui sarebbe meglio se fossimo tutti fascisti. Per chi conosce bene l’estrema destra americana, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Ricordo Dick Armey, uno dei suoi leaders, all’apice della Guerra fredda. Ce l’aveva con l’Europa. Gli chiesero se l’avesse visitata: “Una sola volta – rispose – e mi è bastata”. Ma non la pensavano così i Presidenti repubblicani di allora. Reagan, un ex ufficiale di collegamento a Londra con gli alleati e un appassionato di cavalli, amava l’Europa, il suo idolo sportivo era il cavallerizzo Raimondo d’Inzeo, due volte campione del mondo e una volta campione olimpionico. La prima Nazione europea che Bush padre, un “wasp” o aristocratico bianco anglosassone protestante, volle visitare appena eletto Presidente fu l’Italia, dove più tardi Bush figlio, sempre nelle vesti di Presidente, mandò sovente le due figlie in vacanza, forse anche perché sua moglie era di discendenza italiana. La “special relationship” o rapporto speciale dell’America con il vecchio mondo, rinnegata da Trump, non era limitata all’Inghilterra.
“La più grande creazione dell’umanità”
Intendiamoci, in America, terra di astii e di litigi (ci sono più avvocati a Los Angeles che nell’intero Giappone) non è mai mancato l’antieuropeismo, come in Europa, confessiamolo pure, non è mai mancato l’antiamericanismo. Su noi europei, gli americani si sono sempre spaccati in due, gli amici da un lato e i nemici dall’altro. Per motivi religiosi, nel 1863 un’America antipapista ruppe i rapporti diplomatici con il Vaticano, ma al tempo stesso si proclamò la ‘”Seconda Roma”. Tra gli emigranti, quelli italiani in particolare furono trattati prima come “dago” o delinquenti, da “dagger” coltello, ma più tardi riveriti per i loro contributi all’arte, le scienze, l’economia, la finanza e il commercio. Trump, che di certo non appartiene al repubblicanesimo storico di centro, può insultarci o beffarsi di noi, ma c’è un’America che stima ed encomia l’Europa. Cito Thomas Friedman, il Kissinger del giornalismo americano, sconvolto dal trumpismo: “L’Unione Europea potrebbe essere la più grande creazione dell’umanità. Era un continente noto da tempo immemorabile per le sue guerre tribali, nazionali, religiose. Nelle ultime guerre, guerre mondiali, noi siamo intervenuti per spegnerle. Ma oggi l’Europa è il massimo mercato libero del mondo, con popoli liberi e governi rispettosi dei diritti umani e civili. L’Unione Europea è una sorta di Stati Uniti dall’altra parte dell’Atlantico, è il nostro aiuto nel mondo. Se si sfaldasse, avremmo instabilità ovunque”.
Responsabilità da assumere
So che la mia osservazione “abbiamo una fortuna: Trump, se non ci odia, ci disprezza” sembra un paradosso. Ma dopo la sua indegna sfuriata alla Casa Bianca contro il presidente ucraino Zelensky che, non dimentichiamolo, si è battuto e si batte contro la Russia anche nell’interesse dell’Europa e dell’America, non credo affatto che lo sia. Trump ha teso una trappola a Zelensky per giustificare il proprio tradimento di Kiev, accusandolo assurdamente di volere la terza Guerra mondiale. E ci ha così costretto ad assumere le nostre responsabilità e a prendere coscienza che non possiamo essergli vassalli. Ci ha persino indicato la strada da seguire sfottendo il premier inglese Starmer perché ha abbracciato la causa ucraina: “Ma voi inglesi siete in grado di sconfiggere la Russia?”. La strada è quella di una Unione Europea con una propria difesa e un proprio deterrente nucleare, se possibile nel quadro della Nato, che neppure Putin sfiderebbe. La dovevamo imboccare due decenni fa, ma non è troppo tardi. Oltre a Starmer, che sta riavvicinando la Gran Bretagna all’Ue dopo la disastrosa “Brexit”, lo hanno capito il presidente francese Macron, inascoltato a sua volta a Washington, e il cancelliere tedesco Merz che ha stanziato duecento miliardi di euro per il riarmo della Germania. Mosse che ci costeranno tremendi sacrifici ma che obbligheranno Trump a rispettarci.
Un vero disprezzo
C’è chi mette in dubbio che Trump ci disprezzi veramente. Ma basta rileggere il discorso del suo vice Vance a Monaco il mese scorso perché il dubbio svanisca. Trump ritiene l’Unione Europea una minaccia politica, culturale, finanziaria ed economica. Politica perché culla della socialdemocrazia, che secondo il trumpismo equivale al socialismo o peggio al comunismo. Culturale perché “covo” del “woke”, il risveglio dei migranti, dei diversi, degli atei, degli emarginati e così via. Finanziaria perché regolamenta e tassa i tecnocrati e businessmen americani, lo zoccolo duro del trumpismo. Economica perché in molti settori, dagli alimentari all’high tech, è spesso in testa. Nell’elenco dei “frienemies” di Trump, gli ex amici e ora nemici dell’America, figurano oltre l’Ue anche il Canada e il Messico. E’ a tutti i loro prodotti che Trump imporrà dazi del 25 per cento perché costituiscono il 62 per cento delle sue importazioni. Un trattamento, badiamo bene, risparmiato alla dittatura del suo “amico” Putin vittima, a suo giudizio, dell’aggressione di Zelensky, e con il quale intende formare un asse politico finanziario altresì per interessi personali. Cito ancora Friedman: “Nessun nostro presidente si è mai comportato in questo modo in duecentocinquanta anni di storia”. Come l’Europa può essere certa che Trump non si proponga di voltare le spalle anche a essa e alla Nato per spartire il mondo in tre imperi, uno americano, uno russo e uno cinese?
Avviare un nuovo dialogo
Zelensky chiedeva solo garanzie di sicurezza da parte dell’America in cambio della concessione a essa dello sfruttamento delle terre rare ucraine, dell’enorme valore di cinquecento miliardi di dollari. Se le avesse ottenute, avrebbe rinunciato alla Crimea e alle altre regioni occupate dai russi e avrebbe firmato la pace. Trump gliele ha negate, spingendo persino un noto opinionista repubblicano, Bret Stephens, ad attaccarlo. “E’ come se nella Seconda guerra mondiale – ha scritto Stephens – il nostro presidente Roosevelt avesse detto a Churchill di arrendersi a Hitler e di cederci le riserve di carbone inglesi senza garantirgli la nostra protezione”. Trump potrebbe fare di peggio, come sospendere tutti gli aiuti logistici e militari americani a Kiev, ma non è ancora detto che la rottura tra lui e Zelensky sia irreparabile. Tocca pertanto all’Unione Europea rimediarvi e avviare un nuovo dialogo sia con Washington sia con Kiev, iniziativa promossa domenica scorsa a Londra da Starmer, e mobilitare le massime istituzioni internazionali per la preservazione della pace in Ucraina una volta che venga raggiunta. Un suo successo, assieme al riarmo su accennato dell’Europa, costringerebbe Putin ad ammorbidire la sua posizione e Trump a non svendergli l’Ucraina e a non smobilitare la Nato, la più longeva e importante alleanza della storia dell’umanità.
Come il Vitello d’oro
Prima che umiliasse Zelensky in diretta alla tv davanti agli occhi dell’intero mondo, Trump ci aveva già deriso con il volgare video frutto dell’intelligenza artificiale sulla futura Gaza “riviera mediorientale”, una profanazione per il popolo palestinese e per tutti gli esseri civili. La sua massiccia statua dorata mi ha ricordato altre due sculture: quella di bronzo di Lenin sul fiume Volga, alta trenta metri, e il Vitello d’oro di Aronne in assenza di Mosè nell’esodo dall’Egitto degli ebrei. Se non verrà fermato, Trump stroncherà le democrazie occidentali come Lenin stroncò gli zar, e non ci sarà più una terra promessa per i popoli più oppressi. Ma fermarlo non significa osteggiarlo come un nuovo Hitler, e non lo è, bensì sconfessarlo, come Mosè con Aronne. E l’Unione Europea, checché se ne dica, è in grado di farlo perché è una grande potenza, ha valori condivisi dalla maggioranza dell’umanità, è un modello per il resto del mondo, e dispone di mezzi straordinari. Come ha ammonito Merz, noi siamo stati “la manna dell’America” sino dal 1945, quando l’America incominciò a ricostruirci non tanto nel nostro quanto nel suo interesse, e non la abbiamo mai “fregata”. Nonostante il suo deficit commerciale, che in realtà è modesto e non smodato, essa non potrebbe fare a meno di noi. Trump pagherà un caro prezzo per i dazi contro l’Ue, se davvero li imporrà, non solo perché reagiremo decisamente, ma perché in America l’inflazione salirà alle stelle.
Mancanza di reazioni negli Usa
Non saprei come definire le politiche di Trump dal suo ingresso alla Casa Bianca se non come un delirio di onnipotenza. Non mi aspettavo che fossero così estreme. Ma più di esse mi ha sorpreso la mancanza di reazioni da parte delle istituzioni e degli elettori americani. Musk, che al riguardo può essere chiamato lo “exterminator”, ha licenziato decine di migliaia di dipendenti statali ma nessuno ha organizzato dimostrazioni di protesta. A Janet Mills, la governatrice democratica del Maine, che ha rifiutato di eseguirne gli “ordini”, Trump ha comunicato che la priverà dei finanziamenti dovuti. “Ci vedremo in tribunale” ha risposto lei. Ma la Corte Suprema americana, la più di estrema destra della storia, ha concesso ai presidenti l’immunità totale nell’esercizio delle loro funzioni. Trump è al di sopra della legge e forse molti hanno paura. Finché in America non si formerà un movimento di resistenza contro Trump, l’Europa sarà sola ad arginarlo.
Ennio Caretto