“Agnese raccomanda a Renzo di non chiamarlo (l’avvocato Azzeccagarbugli) col suo soprannome e gli suggerisce di portargli come offerta i quattro capponi che avrebbe dovuto cucinare per il banchetto nuziale della domenica. Il giovane accetta di buon grado e, presi i capponi, si reca subito nella vicina cittadina di Lecco, camminando di buon passo e dimenando le povere bestie che tiene per le zampe, le quali si beccano tra loro come di solito fanno i compagni di sventura”(da “I Promessi Sposi”, capitolo III).
Il dramma di Renzo, il terrore di Lucia, l’ignavia del parroco don Abbondio, la protervia di don Rodrigo, la falsità del leguleio…
E in questo nero scenario, il Manzoni con fine umorismo e profonda introspezione psicologica fa un siparietto con i quattro capponi, destinati al pranzo di nozze, che invece finiranno in pentola dall’avvocato e che tuttavia si beccano l’un l’altro.
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Ma con una città in declino, con le poche fabbriche in affanno, con pochi giovani e molti vecchi, con paure e speranze, dalla politica pretendiamo un comportamento migliore di quello dei quattro capponi.
p.b.
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