Mercoledì 13 marzo, dal comignolo sulla cappella Sistina un intenso fumo bianco annunciava l’avvenuta elezione del nuovo Papa, alla quinta votazione. Dopo più di un’ora la loggia si apriva e dopo l’annunzio di rito del Cardinale Protodiacono Thouran: “Annuntio vobis gaudium magnum! Habemus Papam!”, abbiamo saputo il nome del 266° Vescovo di Roma: Jeorge Mario Bergoglio, finora Arcivescovo di Buenos Aires, la cui famiglia, a fine Ottocento, era emigrata in Argentina da Portacomaro d’Asti. Grande emozione quando è stato comunicato il nome del nuovo Papa: «Francesco», che espone limpidamente il programma del Papa che si rifà al Santo di Assisi. Dunque la Chiesa dei poveri di cui parla il Concilio intesa non solo per l’attenzione e l’aiuto ai poveri, ma la Chiesa “dei poveri”, secondo il programma di Cristo: «Sono venuto per portare ai poveri la buona novella», che nei poveri si realizza e che li costituisce, ci costituisce, “Chiesa”. Inoltre questa elezione è significativa di una svolta storica: il centro della Chiesa non è più l’Europa, ma tutto il mondo, con la considerazione delle popolazioni dove è più viva la fede cristiana. Ancora: è la prima volta che un gesuita diventa Papa. Il motto dei gesuiti è “ad maiorem Dei gloriam” (per la maggior gloria di Dio). La chiamata di Papa Francesco è avvenuta attraverso la designazione dei Cardinali che rappresentano le chiese di Roma di cui ciascuno è titolare e che manifestano il consenso della Chiesa con l’influsso, la guida e l’ispirazione dello Spirito Santo che Gesù ha promesso quando prima di salire al Cielo ha rassicurato i suoi con le parole “sarò con voi fino alla fine del mondo”. Questa nomina a Vescovo di Roma con il primato nella carità per cui è Papa della Chiesa universale (che vuol dire “cattolica”) dà al 265° successore di Pietro la forza e le prerogative per guidare la Chiesa in questo primo scorcio del XXI secolo.
Le sfide sono enormi.
- La progressiva, drammatica secolarizzazione e scristianizzazione dell’Europa, soffocata dall’egoismo, dal mercantilismo, dai nazionalismi e da un invecchiamento che pare inarrestabile.
- La competizione in America, terra ricchissima di fedeli della Chiesa Cattolica, con sette di ogni tipo e varie confessioni protestanti.
- La situazione dell’Africa, con una fresca vita cristiana che si rinnova dopo la grandezza dei primi secoli, una terra ricchissima di risorse ma saccheggiata dai colonizzatori occidentali e cinesi, con una povertà endemica e la minaccia dell’integralismo islamico.
- L’enigma dell’Oriente, con un terzo della popolazione del globo ma ancora ben lontana dal Vangelo.
- La povertà drammatica di tanta parte dell’umanità e lo sfrenato lusso e sperpero di chi gode una ricchezza ingiusta e sproporzionata.
- La necessità di avere parole nuove e stili di vita nuova, trasparenza e povertà, per la “nuova evangelizzazione”.
- La volontà di fare della Chiesa la risposta adeguata al grido di sofferenza del nostro tempo.
Tutti siamo chiamati a rispondere alla voce dello Spirito che ci sollecita con la stessa frase che Gesù rivolse al Poverello di Assisi perché non si accontentasse di avere con i suoi frati ricostruito la chiesetta di San Damiano, ma si dedicasse a un compito ben più grande: “Francesco va’, ripara la mia casa che è in rovina”; e in questi giorni che ci preparano alla Pasqua la nostra preghiera e il nostro impegno costituiscono anche la nostra risposta e il nostro accompagnamento al nuovo Papa. Tanti auguri Santo Padre! Se Dio è con noi, non abbiamo paura anche se la strada è difficile, perché la meta è la salvezza e la gloria del Regno di Dio.
d. paolo busto