GRANOZZO – Non sembrano esserci dubbi. Addetti ai lavori, giornalisti, tifosi, passanti, sono tutti concordi su un punto: questa sconfitta, e quei 9 minuti di follia, pesano come una macigno sulla coscienza di mister Ezio Rossi. Perchè una finale è una finale. Perchè quel trofeo e quei 90’ erano il punto più alto raggiunto nella breve storia di questo nuovo Casale. Perchè poteva essere un modo per spalancare le porte verso la Serie D. Perchè sugli spalti c’erano più di trecento tifosi nerostellati. Per rispetto loro, della storia, di una maglia, ad affrontare quella finale, pur contro un avversario che sulla carta poteva sembrare modesto, doveva scendere la migliore formazione possibile. E invece questo Casale ha pagato scelte presuntuose ed arroganti, aggravate da una gestione della gara che ha lasciato tutti a bocca aperta. Quel cambio di Kerroumi, fino a quel momento migliore in campo, ne è l’esempio più lampante. Per non parlare dello starting eleven. E che dire della sostituzione di due difensori, subito dopo aver subito il terzo gol, con i buoi ormai scappati e già giunti nella vicina Casalino? Una sconfitta amara, devastante, capace di gettare un’aria pesantissima sull’intero ambiente nerostellato, che potrebbe metterci non poco per assorbirne le tossine. Una sciagura che di colpo ha sollevato dubbi e perplessità intorno a quel condottiero che, ad oggi, nonostante la sua esperienza e la sua carriera, non sembra essere riuscito a dimostrare di essere un valore aggiunto per questa squadra, che non brilla per la qualità del gioco, che è troppo succube di alcune individualità, che non riesce ad arginare le contromosse dell’avversario. E’ bastato che mister Mario Gatta (che non è Carlo Ancelotti) gettasse nella mischia Stefano Bonsanto (che non è Leo Messi), per seminare il panico tra le fila nerostellate. Non c’è dubbio che sia stato lui la mossa vincente della squadra torinese. Gettare la croce totalmente addosso al mister è sbagliato? Lo è se ammette le proprie colpe, lo è quando si immola in favore della squadra anche se quelle colpe non fossero state sue, lo è quando non cerca giustificazioni del tipo: «non li conosco bene, ma abbiamo incontrato una squadra che credo abbia più esperienza di noi nell’affrontare questo tipo di partite», ma in realtà l’avversario è sceso in campo con sei Under titolari. Lo è quando anche a freddo, 24 ore dopo, non dichiara: «rifarei le stesse scelte». Perchè caro mister, quelle scelte sono state sbagliate: lo ha dimostrato il campo. Non è una opinione. Ed un uomo di calcio come lei dovrebbe semplicemente ammetterlo. I tifosi, la piazza, il suo presidente, non hanno bisogno di giustificazioni, né di auto-assoluzioni. Vogliono vincere, vogliono risultati. Perchè nel calcio chi vince esulta, chi perde spiega.