SALA – È venuta a mancare l’ultima suora di origini salesi, Carolina Aceto, classe 1921 che avrebbe compiuto 100 anni tra pochi giorni. Nata in una famiglia di agricoltori, aveva preso il diploma da sarta a Bergamo, dopo aver imparato l’arte del ricamo con le amiche d’infanzia Veronica e Teresa Ferraris dall’esperta ricamatrice salese Guglielmina Cantamessa, ma aveva dedicato molte energie anche allo studio di poesia, canto e musica. All’età di 15 anni aveva espresso al papà Giuseppe il desiderio di intraprendere gli studi religiosi, grazie anche alla devozione della mamma Felicita e al parroco don Buzio. Cominciò il noviziato nel 1940 per pronunciare poi i voti nel 1942 nella Congregazione delle Suore di San Giuseppe Cottolengo e diventare suor Felicita, in onore della mamma che pregava con lei da bambina. Il primo incarico di suor Felicita fu come maestra d’asilo, nelle discipline di musica e canto, all’Istituto De Rossi di Ceva, frequentato da figli di soldati per i quali la suora cuciva abiti nuovi. Divenne poi Madre Superiora a Ivrea e si spostò a Mercenasco, Rodallo di Caluso, Novara ed infine a Mondovì dove per anni si dedicò agli anziani ospiti della casa di riposo locale. Donna di grande umanità e spiritualità, con un carattere forte ed energico, nonostante la lontananza fisica dal suo paese, ha sempre portato nel cuore Sala Monferrato, per i ricordi della sua infanzia felice e il legame con la sua terra. Aveva collaborato, a metà anni ’90, durante i restauri della chiesa di San Francesco, ospitando in casa sua la preziosa statua della Madonna Addolorata, il cui vestito fu lavato e stirato. Suor Felicita si premurò di ricamare il fazzoletto che ancora oggi la Madonna tiene tra le mani e realizzò anche una tovaglia per adornare l’altare di S. Francesco durante le funzioni. Quando si parlava di Sala, Suor Felicita chiudeva gli occhi e si commuoveva ricordando la chiesetta che frequentava da bambina, le preghiere sotto il portico di San Grato, all’epoca inagibile; con un dito tracciava nell’aria il profilo delle vigne salesi che, come diceva, sembravano “dipinte con il pennello” e del Sacro Monte di Crea con la cappella del Paradiso che scrutava dalla sua casa sul “bric” con il cannocchiale. Si illuminava nel raccontare alle sorelle in convento le ultime novità che tramite i famigliari le arrivavano dal “paesello” e si faceva inviare i libri pubblicati sulla storia di Sala per poterli leggere avidamente. Spesso diceva: “Siamo tutti di Sala, siamo orgogliosi di Sala”.
Lella Gaviati