Sabato 8 e domenica 9 si terranno le elezioni europee, ed è auspicabile che l’affluenza alle urne sia superiore al consueto perché l’Europa è a un bivio, il bivio tra l’irrilevanza internazionale a cui pare oggi condannata e il ruolo di ago della bilancia mondiale che invece le compete per la sua storia e i suoi valori democratici. Per tacere dell’obbligo di cui è stata investita di migliorare le istituzioni e il tenore di vita delle ventisette Nazioni che ne fanno parte e di unificarle gradualmente, a dispetto di scettici come l’Inghilterra, che sta pagando a caro prezzo la Brexit del 2020, uno stolto ritorno a un glorioso ma irripetibile passato. Non si tratta di una scelta né di un compito facili, ma non esistono alternative. Se sbaglierà l’una e fallirà l’altra, in questa età del multipolarismo, dalla Russia all’Iran, e dei giganti emergenti, dalla Cina all’India, il suo sviluppo dipenderà dalla sua sudditanza agli Stati Uniti. Un rapporto che potrebbe logorarsi tra breve, ad esempio se il prossimo Presidente americano fosse Trump.
All’altezza all’interno
Bisogna riconoscere che nelle crisi più gravi l’Europa ha funzionato. Senza di essa, non avremmo sconfitto il Covid così rapidamente, né avremmo retto ai ripetuti crolli finanziari dal 2008 in poi. Al riguardo, noi siamo forse la Nazione che deve esserle più grata. Al suo interno, l’Unione europea si è dimostrata all’altezza del suo nome. Ma i nostri partiti non si presentano alle urne per rafforzarla, bensì per rafforzare se stessi. Si comportano come se le elezioni europee fossero un banco di prova delle elezioni a venire in Italia, anche se tra due o tre anni. Al nostro Parlamento e sui nostri media si sente solo parlare della premier Meloni, raggiungerà il 26 per cento dei voti?, della segretaria del Pd Schlein, arriverà al 22 per cento?, del segretario di Azione, Calenda, supererà il 4 per cento?, persino del leader dei Cinque stelle Conte, che non è sceso in campo. Si polemizza astiosamente sul generale Vannaci e su Salvini e il Ponte, questioni che concernono l’Italia non l’Ue, che ha molto altro a cui pensare.
Europa, questa sconosciuta
E’ un panorama inquietane. A oltre mezzo secolo dalla nascita della Comunità Economica Europea a Roma non si sa ancora che cosa sia veramente l’Europa, tanto meno che cosa dovrebbe essere. Al principio, pensavamo che con l’ingresso in essa noi avremmo acquisito le virtù europee, tedesche, inglesi, scandinave, ma al contrario è stata l’Europa che ha acquisito i vizi italiani, a incominciare da una burocrazia soffocante. A Bruxelles si legifera troppo sui molluschi, l’olio di oliva, i tappi delle bottiglie e via dicendo. Spesso l’Europarlamento si perde in lotte di fazioni, casi di corruzione e altri scandali. Per prendere le decisioni più importanti ci vogliono a volte mesi, non giorni. E se si analizzano le politiche dei ventisette stati membri si vede che alcuni hanno regimi, non governi. Si discute ogni tanto di un’Europa a due velocità, i Paesi più stabili e avanzati da una parte, il resto dall’altra, ma è una ricetta distruttiva, dannosa anche per la Nato, di cui approfitterebbero di certo la Russia, l’Islam e la Cina.
Più incisività
Matteo Renzi ci chiama alle urne in nome degli Stati Uniti d’Europa, sul modello degli Stati Uniti d’America. Ma noi europei in questo oltre mezzo secolo non abbiamo quasi mosso passo in quella direzione, a parte la moneta unica, peraltro non estesa a tutti i membri. Non c’è stata la possibilità di uniformare almeno in parte i Codici civili e penali, il trattamento dei diversi, l’assistenza sanitaria, il diritto del lavoro, i salari e gli stipendi, il sistema fiscale, quello pensionistico, l’istruzione scolastica e universitaria e via di seguito. Sui problemi più pressanti come l’immigrazione, la politica estera e di difesa comune l’Europa rimane divisa e indecisa, mentre l’estremismo islamico mette le radici sul suo territorio e infuriano la Guerra dell’Ucraina e la Guerra di Gaza. In questo contesto, non si può invocare “meno Europa” a meno che si parli di burocrazia, si può invocare solo “un’altra Europa” più incisiva. Purtroppo, dai sondaggi, in media il 62 per cento dei cittadini europei è per l’Ue ma solo il 40 per cento la vuole più forte.
Ignorate le questioni di fondo
Con l’eccezione dei migranti, non è comunque su questi temi strutturali che si voterà. Sempre secondo i sondaggi, adesso le principali preoccupazioni degli elettori sono il caro vita e il problema energetico prima, le disuguaglianze sociali poi, quindi la disoccupazione e la stasi economica, e infine la tutela dell’ambiente, preoccupazioni più che legittime ma scaturite dalla attuale congiuntura. Porvi rimedio è logico e urgente ma le questioni di fondo non vanno trascurate. E invece la più importante battaglia alle urne verterà sul nuovo vento politico che soffia sul nostro continente, l’autoritarismo, come viene chiamata l’ascesa delle destre, sia radicali sia moderate. Il socialista olandese Frans Timmermans, ex vice presidente della Commissione Europea e padre del “Green deal”, l’accordo climatico che secondo la nostra premier Meloni “ci condanna a una crescita infelice”, ha ammonito che l’Europa è a una svolta perché “i conservatori tradizionali sono tentati di unirsi alle estreme destre”.
L’autoritarismo e i giovani
Timmermans non ha tutti i torti. Il vento dell’autoritarismo soffia in particolare sui giovani europei, la cui fiducia nell’Unione Europea a suo parere “è molto bassa”. In Francia a esempio, il trentasei per cento degli elettori tra i diciotto e i ventiquattro anni vota per Marine Le Pen, e in Germania il ventidue per cento vota per i neonazisti. Il politologo Steven Forti della Università Autonoma di Barcellona vede in questo fenomeno “una rivolta contro l’egemonia culturale delle sinistre” e rileva che ne sono protagonisti i maschi “che si sentono evirati dal femminismo”. Ma non è detto che si formi davvero l’alleanza temuta da Timmermans. La Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen e il leader del Partito Popolare Europeo Manfred Webers sperano di evitarlo grazie alla Meloni, considerata una minaccia come il Presidente ungherese Horban dal cancelliere tedesco Scholz, ma da essi ritenuta moderata e filo europea. Una scommessa che potrebbero anche perdere contro il centrosinistra all’Europarlamento.
Le sfide oltre le guerre
E l’Italia? Come accennato, non sta dando un bello spettacolo di sé. Molte candidature italiane sono state il frutto di giochi di potere e di misteriosi compromessi, criticate duramente dall’ex premier Prodi, tanto che non si capisce chi e quanti degli eventuali eletti s’insedierebbero davvero e con quale impegno a Bruxelles. Stando alla Commissione Antimafia, inoltre, sette dei candidati erano “impresentabili” per motivi etici e legali. C’è da chiedersi se siano state prescelte solo le persone più preparate e dedicate all’Europa, o anche esponenti delle varie correnti in cui i nostri partiti si dividono, più propensi a complotti e intrighi. E se tutti i nuovi eurodeputati sapranno gestire le sfide dei prossimi cinque anni, anni di fuoco, va ribadito, per la Nato e tutto l’Occidente. Le sfide che ci attendono vanno oltre alla Guerra dell’Ucraina e alla Guerra di Gaza, oltre ai rapporti con la Russia e con l’Islam. Tra le più importanti vi saranno quelle di un credibile deterrente europeo e del controllo dell’intelligenza artificiale.
L’Europa come collante
Dobbiamo renderci conto che il futuro dell’Italia è imprescindibile da quello dell’Europa e che un ritorno ai nazionalismi o sovranismi come si dice ora potrebbe condurre a conflitti e dittature simili a quelle degli anni Venti e Trenta dello scorso secolo. Nonostante i suoi difetti, l’Unione Europea è il collante che tiene assieme ex nemici come la Francia e la Germania, e ci ha spinto alla pace e alla collaborazione, sia pure limitate, nel continente. Di più: essa dispone di un serbatoio di talenti, ricerche, specialità, tecnologie non di rado superiore a quello degli Stati Uniti. L’Europa è un vaso di coccio tra vasi di ferro esclusivamente nel settore militare. E lo è per vari motivi, il lunghissimo disarmo della Germania, la “splendid isolation” dell’Inghilterra, la riluttanza della Francia a mettersi al servizio della Nato, nonché l’opposizione americana al progetto di una comune difesa europea. Washington accusa gli Stati europei di non contribuire a sufficienza all’Alleanza Atlantica, ma non vuole che diventino autonomi.
Politica estera segnata
Le elezioni europee non devono essere guastate da risse politiche interne di Paesi membri. In politica estera, il cammino dell’Ue nel prossimo quinquennio sarà un cammino obbligato, e chi lo guiderà, sia un Europarlamento di centrosinistra o sia un Europarlamento di centrodestra, non si potrà discostare molto da esso. Prendiamo il caso dell’Ucraina. Da un lato, esso impone all’Ue di dotarsi al più presto di forze armate e di mezzi bellici adeguati per difendere, insieme con la Nato, i possibili prossimi bersagli del Presidente russo Putin, i Paesi Baltici e la Polonia. Dall’altro le suggerisce di contenere la reazione degli Stati Uniti, che hanno appena autorizzato Kiev a parziali contrattacchi in Russia con i loro missili, per evitare che il conflitto coinvolga l’intero continente, e di incominciare a mediare tra Washington e Mosca: l’ex presidente francese Sarkozy ha persino consigliato che Bruxelles avvii trattative da sola con il Cremlino, ma ciò dipenderà anche dal nuovo Presidente americano.
Più opportunità per i giovani
Se prendiamo la politica interna dell’Ue, però, le sue priorità nel prossimo quinquennio verranno dettate dalla maggioranza all’Europarlamento, e quelle del centrosinistra sarebbero diverse da quelle del centrodestra. Per il bene dei nostri giovani sarebbe opportuno che Bruxelles procedesse in ogni caso alle riforme sociali ed economiche su citate, e che i suoi Stati membri a partire dal nostro le facilitassero anticipandole o accettandole senza riserve. In Italia una delle prime misure dovrebbe riguardare i giovani. Noi italiani stiamo soffrendo di una fuga di cervelli che ci ricorda quella a cavallo della Seconda guerra mondiale. Essi sono una delle nostre massime risorse, e sprecandola come sta accadendo ci condanna a un futuro più difficile. Il messaggio che l’Ue ci manda è di offrire loro più opportunità.
Ennio Caretto