I casalesi, i malati, i familiari delle vittime hanno già tristemente capito quanto spesso “diritto” non sia sinonimo di “giustizia”.
L’esempio più lampante è stato l’annullamento per prescrizione del primo processo Eternit, concesso dalla Corte di Cassazione in ossequio ad un tecnicismo del diritto, ma in spregio alla morale comune e al sentimento di giustizia che i casalesi ed i malati di tutto il mondo nutrivano. Il diritto è così, ci hanno detto. Anche oggi che alla sbarra c’è di nuovo Stephan Schmidheiny, questa volta chiamato a rispondere di omicidio doloso, lo scontro tra Procura e difesa si giocherà tutto sul terreno dei tecnicismi del diritto e dei cavilli. Eccezioni, quelle sollevate dalla difesa, che potrebbero far pendere, ancora una volta, la bilancia della giustizia verso il magnate svizzero. A noi comuni mortali sembra un metodo disperato della difesa per evitare l’inevitabile. Noi semplici cittadini non abbiamo dubbi sulla colpevolezza di Schmidheiny. Non abbiamo dubbi sul fatto che per avidità abbia causato, e continui a causare, migliaia di morti. Chi invece ha ancora dei dubbi e continua a prendere sul serio le eccezioni della difesa è il Gup, che dopo aver sospeso il processo per mesi affinché la Corte Costituzionale si pronunciasse sul “ne bis in idem”, ora ha rinviato l’udienza a venerdì 4 novembre, per determinare se si tratti di omicidio doloso o colposo. Una differenza che potrebbe far cadere nuovamente, sotto la scure della prescrizione, i reati commessi da Schmidheiny.
d.c.
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