Riceviamo e pubblichiamo:
Sempre più spesso la cronaca riporta fatti riguardanti il dilagare della violenza giovanile: il bullismo nelle scuole, baby-gang che si scatenano in atti violenti contro loro coetanei (ma non solo), violenze negli stadi, soprusi non più confinati soltanto nelle periferie delle città, violenze nei confronti dei diversi (disabili, omosessuali), e altro ancora. Il fenomeno, seppur inquietante, non è una novità, una dose di violenza è connaturata al mondo giovanile. L’aggressività giovanile è un dato permanente di tutte le epoche, dall’antichità al mondo di oggi. Il Sessantotto fu un fenomeno di costume, carico di fermenti ideali che coinvolge una parte di giovani inclini alla violenza che negli anni settanta sconfinarono nella lotta armata. La violenza giovanile di oggi non ha nulla a che vedere con le inquietudini ideali di quel periodo storico. È una violenza fine a se stessa, sorretta dall’assenza di un orizzonte utopistico, retta da un vuoto che alimenta sempre più violenza.
Quali sono le cause di questa deriva? Innanzitutto, quello che è accaduto nella società rispetto agli anni settanta del secolo scorso è da ricercare nello spegnersi dei principi ideali che spingevano a cambiare il mondo. Le contraddizioni del movimento stesso, la rimozione di alcuni principi cardini come quello dell’autorità, il tramonto dei partiti politici come veicoli di rappresentanza, portarono a uno spaesamento del mondo giovanile, a un ripiegamento verso l’indifferenza che, in strati più fragili del mondo giovanile, si tramutarono in incertezza, rabbia e talvolta violenza.
In secondo luogo, il disagio giovanile non è più confinato nelle periferie delle grandi città. Oggi, la violenza giovanile la ritroviamo trasversalmente nelle periferie indistinte, dove regna la povertà culturale. Ci troviamo di fronte ad una generazione debole che la rivoluzione digitale gli ha messo a disposizioni strumenti (smartphon) e piattaforme (social) che accendono il desiderio di essere protagonisti senza assumersi responsabilità.
IL fenomeno è stato classificato come “Emergenza Educativa”. La questione è molto complessa, non è di facile soluzione, soprattutto in un mondo in continuo cambiamento. I giovani hanno bisogno di testimonianze che scuotono le loro anime nel divenire della loro crescita. La violenza giovanile si combatte costruendo attorno al loro universo un mondo educante. Hanno bisogno di testimonianze in famiglia, dove ritrovare comportamenti edificanti, sotto il profilo etico morale, da parte dei genitori. Hanno bisogno di testimonianze nella scuola, dove scoprire il fascino dello studio per accrescere le capacità critiche in una realtà sempre più difficile da interpretare. Hanno bisogno di testimonianze nello sport, dove poter trovare un ambiente sano e educativo. Hanno bisogno di testimonianze nella politica, dove riscoprire la bellezza del bene comune e costruire comunità. Hanno bisogno di testimonianze nel lavoro, dove sviluppare competenze e costruirsi un futuro dignitoso non precario. Bisogni irrinunciabili per i giovani che interpellano la famiglia, la scuola, la politica, il mondo del lavoro alla ricerca di un orizzonte in un futuro sostenibile.
Giovanni Bellistri, ex Sindaco del Comune di Terruggia.