CASALE – L’incontro del vescovo mons. Gianni Sacchi con i giornalisti in occasione della festa patronale di san Francesco di Sales, martedì 24 gennaio, è stato occasione non solo di riflessioni e di dialogo, ma anche di efficaci evocazioni sulla realtà delle nostre comunità e del territorio diocesano, tra difficoltà, sfide e nuove prospettive.
In particolare condividerei alcune suggestioni evocatemi (appunto) dal Vescovo sulla difficoltà di manutenere e restaurare l’immenso patrimonio di chiese ed edifici di culto o di pertinenza ecclesiastica ereditati da un passato, prodigo di committenti e di benefattori, di cui la lettura sociale culturale economica dava risultati molto diversi dall’oggi; suggestioni presentate a titolo personale, come semplice laico, di buona volontà ma di fragili talenti, impegnato come può nella propria Unità pastorale e parrocchia.
L’annuncio della ripresa da parte del nostro presule della visita pastorale nelle UP rappresenta un’importante occasione di dialogo e di stimolo alla “valorizzazione dei laici e di un lavoro di co-progettazione tra le varie comunità parrocchiali”, ma anche di incontro delle varie realtà presenti sul territorio anche quelle non direttamente legate alla dimensione ecclesiale, (enti e istituti culturali, associazioni, realtà lavorative e commerciali…).
Affronto l’argomento soprattutto del restauro delle miriade di edifici ecclesiastici e dei tesori che contengono (tra cui quadri, sculture, arredi, affreschi, ma anche archivi e biblioteche), sulla cui difficile situazione di gestione e manutenzione si è soffermato il Vescovo. Come archivista non posso non pensare a quanti documenti raccontano l’agire delle persone nel passato delle comunità parrocchiali nei confronti degli stessi edifici, a quanto questi abbiano rappresentato un aspetto identitario e di legame di appartenenza alla comunità stessa, pensiamo alla costruzione delle chiese (più grandi e nuove per comunità in crescita) o alla committenza di opere artistiche (per festeggiare il santo patrono o ringraziare per uno scampato pericolo, ad esempio), e ,se le mutate condizioni storiche e sociali rattristano, come laico inguaribilmente ottimista vedo (sperando di non avere le traveggole) una sfida propositiva, la possibilità di promuovere con il recupero dei nostri luoghi di bellezza e di memoria il coinvolgimento delle persone (fisiche e giuridiche così entriamo nel linguaggio burocratico del tema) in una comunità che si allarga. Pro-muovere. Insieme, in rete, in un linguaggio di bellezza che educa, come il Borromeo ben sapeva.
Ma occorrono le risorse.
Oltre alla possibilità di finanziare i progetti di restauro, manutenzioni e dotazioni a vario titolo, con i contributi ben conosciuti della Cei (con l’8xmille e altre forme), del ministero, della Regione e con bandi specifici delle Fondazioni bancarie, in merito ai quali gli uffici diocesani competenti per materia (in primis l’Ufficio beni culturali) offrono ai parroci e loro consigli pastorali ed economici una guida e consulenza professionale e accurata in ogni fase della pratica, dalla progettazione alle autorizzazioni delle Soprintendenze, esiste la possibilità di finanziare i restauri, o cofinanziare, relativamente alle modalità sopracitate, con uno strumento codificato quanto troppo poco utilizzato, ovvero l’erogazione liberale a favore della parrocchia a sostegno di progetti di restauro, redatti secondo la normativa vigente, dotati delle opportune autorizzazioni, nei confronti dei quali le Soprintendenze agiscono non solo come organi di tutela e di autorizzazione ma anche come erogatori delle certificazioni ai fini della detrazione fiscale, con un modus simile e parallelo alla procedura a favore delle erogazioni per restauri e valorizzazione degli edifici di proprietà pubblica noto come Art Bonus che viene decretato nel 2014, partendo proprio dall’esperienza legislativa sulle erogazioni liberali a favore di enti no profit che riguarda le nostre parrocchie e che riporto qui di seguito per sommi capi (non cito, per semplificare, i casi di edifici pubblici concessi in uso a vario titolo a parrocchie o enti no profit, e viceversa e altri casi particolari).
La legislazione in materia, facilmente consultabile anche solo sul web, ha il suo punto fondamentale nella legge 212 del 2000 e trova successive precisazioni in alcune risoluzioni delle Agenzie delle Entrate, in particolare la 42 del 2005 che conferma la possibilità di fare “erogazioni liberali a favore di parrocchie, riconosciute ai sensi della legge 20 maggio 1985, n. 222, per la realizzazione di restauri, manutenzioni e opere di protezione di beni mobili e immobili (chiese, campanili, dipinti, sculture, arredi sacri, strumenti musicali) sottoposti al regime vincolistico previsto dal Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (i precedenti riferimenti normativi sono costituiti dalla L. 1 giugno 1939, n. 1089 e dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490)”.
Nella risoluzione n. 133 del 14 giugno 2007 è stato precisato che anche le parrocchie possono essere destinatarie delle suddette erogazioni liberali in quanto, come già precisato nella risoluzione n. 42/E del 5 aprile 2005: 4 – sono enti riconosciuti che acquistano la personalità giuridica dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministero dell’Interno che conferisce alle singole diocesi e parrocchie la qualifica di ente ecclesiastico civilmente riconosciuto; – non perseguono fini di lucro; – nell’ambito delle iniziative che promuovono possono realizzare interventi su beni culturali tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Per quanto riguarda le modalità di effettuazione delle erogazioni liberali in argomento, la medesima risoluzione ha precisato che il soggetto erogatore deve avvalersi di uno dei seguenti sistemi di pagamento: banca, ufficio postale o uno dei mezzi previsti dall’articolo 23 del D. lgs. 9 luglio 1997, n. 241, e cioè carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari. La citata risoluzione, riguardo agli adempimenti richiesti al fine di fruire dei richiamati benefici fiscali, riportava le precisazioni fornite al riguardo dal competente Ministero per i beni e le attività culturali (ora Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo) con circolari n. 183 del 22 dicembre 2005 e n. 38 del 19 febbraio 2007. In particolare, relativamente alle erogazioni liberali effettuate ai sensi dell’art. 15, comma 1, lettera h), del TUIR, venivano fornite precisazioni circa il contenuto della convenzione, facendo rinvio alla citata circolare n. 38 del 2007 per le modalità procedurali da seguire per il rilascio delle autorizzazioni e dei pareri dei competenti comitati di settore del Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici previsti dalla norma in esame. Per quanto riguarda, invece, le erogazioni liberali effettuate ai sensi dell’art. 100, comma 2, lettera f), del TUIR veniva chiarito che, in luogo della convenzione, doveva essere presentato dal soggetto erogatore alle Soprintendenze di settore competenti, in allegato ad apposita istanza, un dettagliato progetto dell’iniziativa culturale che si intende sostenere finanziariamente, completo di tutti i dati relativi alle previsioni di spesa. Successivamente, con specifico riferimento agli adempimenti amministrativi, l’articolo 40 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, al comma 9, ha previsto che: “la documentazione e le certificazioni attualmente richieste ai fini del conseguimento delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali previste dagli articoli 15, comma 1, lettere g) ed h), e 100, comma 2, lettere e) ed f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono sostituite da un’apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, presentata dal richiedente al Ministero per i beni e le attività culturali ai sensi e per gli effetti dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modificazioni, relativa alle spese effettivamente sostenute per lo svolgimento degli interventi e delle attività cui i benefici si riferiscono. Al Ministero viene mantenuto il ruolo di controllore istituzionale dell’iniziativa predetta, sia in fase di progettazione e preventivazione della relativa spesa (che, per espressa previsione normativa deve essere previamente autorizzata), sia in fase di consuntivo (anch’esso da verificare ed approvare espressamente).
Affinché l’erogazione liberale possa dar luogo alla detrazione prevista dalla legge è necessario, altresì, che essa sia effettuata in favore di iniziative o attività che abbiano già acquisito l’autorizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali con l’approvazione, almeno, del preventivo di spesa, in mancanza della quale, secondo lo stesso Ministero, appare difficile poter qualificare dette attività come iniziative culturali utili ai fini dello sgravio stesso.
La competenza in ordine all’autorizzazione di cui s’è detto spetta, in base all’assetto organizzativo vigente, alla Soprintendenza di settore. Una serie di istruzioni e risoluzioni fino al 2017 aggiungono ulteriori particolari, anche relativi ad altre chiese (Valdesi ad esempio), confermando i punti focali della 42/2005.
Al ministero viene mantenuto il ruolo di controllore istituzionale degli interventi, sia in fase di progettazione e preventivazione della relativa spesa (che, per espressa previsione normativa deve essere previamente autorizzata), sia in fase di consuntivo (anch’esso da verificare ed approvare espressamente).
Affinché l’erogazione liberale possa dar luogo alla detrazione prevista dalla legge è necessario, altresì, che essa sia effettuata in favore di iniziative o attività che abbiano già acquisito l’autorizzazione del ministero per i beni e le attività culturali con l’approvazione, almeno, del preventivo di spesa, in mancanza della quale, secondo lo stesso Ministero, appare difficile poter qualificare dette attività come iniziative culturali utili ai fini dello sgravio stesso.
La competenza in ordine all’autorizzazione di cui s’è detto spetta, in base all’assetto organizzativo vigente, alla Soprintendenza di settore. Una serie di istruzioni e risoluzioni fino al 2017 aggiungono ulteriori particolari, anche relativi ad altre chiese (Valdesi ad esempio), confermando i punti focali della 42/2005.
Da parrocchiano che scrive per altri parrocchiani, riassumerei così semplicemente o semplicisticamente: le parrocchie possono essere oggetto di erogazioni liberali detraibili o deducibili a seconda dei casi da parte di privati, imprese, Fondazioni, associazioni su progetti di restauro, redatti a regola d’arte secondo le procedute richieste per legge e i cui progetti sono corredati delle richieste autorizzazioni della Soprintendenza competente che agisce anche come certificatore finale ai fini delle detrazioni in una procedura seguita dai competenti uffici diocesani.
Manuela Meni