Il 29 luglio di cinque anni fa veniva sequestrato a Raqqa (Siria) il padre gesuita Paolo Dall’Oglio, fondatore della comunità monastica siriana di Mar Musa. In questi 5 anni, sulla sua sorte si sono rincorse tante voci, senza alcuna conferma.
La caduta di Raqqa, lo scorso ottobre per mano dei Curdi, ha aperto un qualche spiraglio sulla sorte del gesuita,
dei testimoni o ex combattenti che potevano sapere qualcosa e che hanno parlato dato voci, purtroppo, legate alla sua morte. Ma non abbiamo mai avuto conferme ufficiali, né tanto meno prove.
Di padre Paolo conosciamo il suo grande amore innanzitutto per Dio che ha voluto dimostrare e mettere in pratica cercando di unire e non di dividere, in un luogo, la Siria e per il suo popolo dove le divisioni sono accentuate. Di lui possiamo affermare che è un uomo innamorato di Dio, del dialogo e della giustizia,
impegnato a costruire ponti tra diverse culture, fedi e tradizioni. Nel suo monastero di Mar Musa pregavano insieme musulmani, cattolici e ortodossi.
Quel monastero di Mar Musa, da lui fondato, rappresenta la voce di padre Paolo che continua a lanciare messaggi di pace e di dialogo.
Padre Paolo aveva previsto tutto e purtroppo non è stato ascoltato. Se all’inizio organismi internazionali, come l’Onu e i caschi blu, fossero intervenuti con i cordoni umanitari per impedire delle carneficine, avrebbero evitato la fuga di milioni di persone. Questo monastero è anche il ricordo di un tempo passato nel quale c’era ancora tanta speranza, oggi ridotta al lumicino. Ma continuiamo a sperare e ricordare il dramma del popolo siriano che soffriva da decenni un regime dittatoriale.
Se Padre Paolo fosse ancora vivo sarebbe un miracolo, ma proprio perché in Siria la situazione è del tutto nebulosa speriamo che, nella fuga verso l’Iraq, i combattenti dell’Isis se lo siano portato dietro, magari che qualche leader dello Stato Islamico lo tenga in ostaggio e lo usi come lasciapassare finale per salvarsi la vita.