Il mese di Febbraio ci ha portato una tristissima notizia: ci ha lasciato Lyle Mays, musicista eccezionale. Paragonabile a un Keith Jarrett, che nei ‘70 introdusse nel jazz influenze provenienti dal folk americano e dalla musica classica. O a Joe Zawinul (il musicista che più di ogni altro fece la “fortuna” della svolta musicale di Miles Davis), con la differenza con quest’ultimo che Lyle solo raramente si concedeva agli assoli, ma lasciava comunque la sua impronta personale con le sue composizioni, armonizzazioni, arrangiamenti e fraseggi cantabili ma mai banali. In Febbraio è uscito anche il nuovo album di Pat Metheny, con il quale, nel Pat Metheny Group, Mays ha condiviso decenni di musica e non solo. Se è uso comune dire che tutti siamo utili ma nessuno è fondamentale, nel PMG possiamo azzardare che Lyle Mays fosse un’eccezione. In quest’ultimo disco di Metheny, pur non essendo presente, si sente fortissima l’influenza del pianista del Wisconsin. C’è un ritorno di Pat Metheny a un riutilizzo di una formazione e orchestra o orchestrazioni come nel PMG, tipiche proprio di Mays. “From this place” è da ascoltare sicuramente con piacere e un pizzico di malinconia.
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