“Il mercato dell’agroalimentare tra la provincia di Alessandria e il gigante asiatico, soprattutto se parliamo del settore vitivinicolo, sta muovendo i primi passi ma l’emergenza del coronavirus ha innescato una brusca frenata. Anzi, proprio perché solo all’inizio, si rischia di avere ripercussioni ancora maggiori rispetto a chi esporta un prodotto già conosciuto e consolidato. Nel territorio alessandrino si guarda al mercato cinese con il Gavi, ma ovviamente anche con i grandi rossi della provincia: ora non possiamo che auspicare, come tutti del resto, che la situazione si sblocchi in tempi brevi. La Cina per effetto di una crescita ininterrotta della domanda è entrata nella lista dei cinque Paesi che consumano più vino nel mondo ma è in testa alla classifica se si considerano solo i rossi. I vincoli ai trasporti per cercare di contenere il contagio si stanno riflettendo anche sulla logistica delle merci con incertezze e ritardi che impattano sugli scambi commerciali. A pesare sono anche i limiti agli spostamenti interni dei cittadini cinesi che cambiano le abitudini di consumo soprattutto fuori casa”.
Così il presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco a fronte di quanto sta accadendo in questi giorni, riferendosi elle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina.
Il clima recessivo provocato dall’emergenza coronavirus si estende dai mercati finanziari a quelli delle materie prime fino al commercio reale con una brusca frenata delle esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina, in primis con il vino che è il prodotto tricolore più esportato in Cina per un valore stimato dalla Coldiretti in 140 milioni di euro nel 2019.
“A frenare le spedizioni agroalimentari Made in Italy sono le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca – aggiunge il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo – l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico negoziato. Per riequilibrare i rapporti commerciali nell’agroalimentare bisogna superare gli ostacoli tecnici alle esportazioni agroalimentari Made in Italy”.
Ora la frenata dell’economia e la conseguente riduzione degli acquisti da parte del gigante asiatico potrebbe far cambiare i programmi e modificare gli equilibri raggiunti con nuove tensioni sui rapporti commerciali e sull’economia mondiale che vanno ben oltre il settore agricolo.
“Una situazione – concludono il Presidente Bianco e il Direttore Rampazzo – che va attentamente monitorata dall’Unione Europea per salvaguardare un settore chiave per la sicurezza e la sovranità alimentare soprattutto in un momento in cui il cibo è tornato strategico nelle relazioni internazionali, dagli accordi di libero scambio alle guerre commerciali come i dazi di Trump, la Brexit o l’embargo con la Russia”.