La chiusura di una importante realtà industriale nel settore dolciario alle porte di Casale, con la scelta per i 114 dipendenti tra il trasferimento a Verona o le dimissioni, è il tristissimo epilogo di una crisi annunciata e che ci lascia la bocca amara.
Troppo oneroso sarebbe stato modernizzare impianti ormai obsoleti e tenere aperto uno stabilimento distante dalla casa-madre.
E’ il prezzo che si paga alla globalizzazione, che non può sostenere a lungo situazioni marginali e che deve continuamente misurarsi con l’esigenza di una produzione elevata e a basso costo per essere in gara con i grandi centri commerciali.
La crisi economica del Monferrato che aveva cercato nel Novecento uno slancio passando dall’agricoltura all’industria aveva avuto per qualche decennio risultati brillanti.
La Sanber per l’imballaggio, le numerose industrie del freddo, la Bistefani per i biscotti e i panettoni, la Gaiero per il ferro e purtroppo la nefasta Eternit sono state leader nel settore poi, una dopo l’altra, hanno chiuso.
E’ ben vero che sono sorte altre importanti iniziative industriali e commerciali e tra queste quelle del gruppo Bonzano per i legnami e Zerbinati per gli ortofrutticoli, mentre con fatica tiene duro il gruppo Cerutti; ma il saldo resta negativo.
Quando chiude un’azienda i dipendenti e le loro famiglie sono i primi ad essere colpiti e con loro tutto l’indotto: i negozianti, i padroni di casa, le entrate dell’INPS e via via fino alle minute spese.
Per i prossimi venti anni il nostro territorio ha bisogno di speranza, costruire il futuro con progetti industriali che abbisognano di uomini capaci, audaci e con capitali adeguati e meno inciampi burocratici.
Occorrono dirigenti con i piedi per terra ma capaci di sognare e mirare lontano e che siano incoraggiati e sostenuti con tutte le infrastrutture pubbliche necessarie. Per avere un futuro.
p.b.