Un fatto storico, la rinuncia di Benedetto XVI, più che oscurare, ha riportato la campagna elettorale italiana nei suoi giusti limiti. E alla reale posta in gioco di queste elezioni. Che si può ricondurre alla necessità di ben governare la prolungata emergenza che la recessione in corso mette in evidenza. Ecco allora semplicemente tre punti tra loro connessi, il lavoro, la famiglia, le istituzioni: sono le tre priorità che richiedono sollecitamente di operare, per venire incontro alle reali necessità del Paese. E rispondere così alla questione che il cardinale Angelo Bagnasco, con franco realismo, aveva posto a gennaio: “Il prossimo vaglio elettorale ci renderà più o meno poveri?”. Ove povertà non è soltanto quella dei conti, ma più in generale quella del nostro bene comune. No allora allo scoraggiamento e alla fuga nell’astensionismo, sì alla partecipazione responsabile. “Per questo merita superare allergie e insoddisfazioni, anche profonde: la diserzione dalle urne è un segnale di cortissimo respiro”, aveva detto il presidente della Cei. E ancora: “Non bisogna cedere alla delusione, tanto meno alla ritorsione: non sarebbe saggio e, soprattutto, sarebbe dannoso per la democrazia”. In realtà sembra che l’astensione stia rifluendo verso percentuali fisiologiche, mentre sembra molto alto ancora il numero degli indecisi. Oltre che l’oggettiva gravità delle scelte e delle sfide che ci stanno di fronte, questo significa che l’offerta politica e soprattutto il sistema elettorale continuano a non essere adeguati. Forse questo è l’insegnamento di una campagna elettorale iper-televisiva, che della televisione riprende modalità e linguaggi, con i tempi sincopati, miscelando e sovrapponendo informazione e spettacolo. Proprio per questo è necessario attivare (o riattivare), in corrispondenza dell’appello alle urne, il circuito della partecipazione. Che ha (almeno) due tempi. Il primo è semplicemente quello del voto. Ma ciò che conta è quello che viene dopo. La partecipazione infatti deve continuare, in forme nuove, originali e adeguate, con tutti i mezzi che una democrazia radicata e matura offre, perché su questi due nodi, le forme e la qualità dell’offerta politica e le regole istituzionali, si operi il necessario adeguamento e rinnovamento. Probabilmente qui l’iniziativa dei cattolici dovrà continuare a esercitarsi con serietà e capacità innovativa: “Partecipare è dovere irrevocabile, specie se si pretende di inserire questa prossima scelta in un quadro più maturo che coinvolga nei debiti modi l’intera vita civile”. C’è una forte istanza popolare di rinnovamento, di pulizia, di serietà, di coerenza, che attraversa l’appuntamento elettorale. I tanti ancora indecisi, o che rischiano di indirizzarsi alla protesta, dimostrano che questo è il vero nodo. Oltre a relativizzare, nel senso di riportare alle giuste proporzioni, l’appuntamento elettorale, la storica decisione di Benedetto XVI, le sue parole, i suoi gesti, i suoi incontri degli ultimi giorni di pontificato, ci dicono del ruolo e della vocazione dell’Italia, a partire da Roma. Un po’ di orgoglio nazionale, che diventa inevitabilmente impegno e monito, per tutti.
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