ROMA (d.c.) – Questa volta ha vinto la giustizia. Quella per le migliaia di vittime per l’amianto che ancora delusi dalla incredibile sentenza della Cassazione, che aveva annullato il primo processo, ormai nutrivano poche speranze nel sistema giudiziario. E invece la Corte Costituzionale ha ridato speranza a chi vuole ottenere giustizia, rigettando l’istanza presentata dal Gup torinese su richiesta della difesa Schmidheiny, di parere circa la legittimità dell’Eternit-bis. Il collegio difensivo del magnate svizzero, infatti, eccepiva che il nuovo procedimento aperto per omicidio colposo plurimo, fosse un’elusione del principio del ne bis in idem, per il quale non si può essere processati due volte per lo stesso fatto e in questo caso cambiavano vittime ed il reato, ma non la condotta del proprietario dell’Eternit.
Ma la Corte Costituzionale ha accolto la richiesta della Procura di Torino, dei Comuni coinvolti, delle Associazioni delle Vittime e delle altre Parti civili private costituite, confermando la legittimità del nuovo processo e dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 del codice di procedura penale «nella parte in cui secondo il diritto vivente esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale». La Corte ha inoltre affermato che «è chiaro che, anche dal punto di vista rigorosamente materiale, la morte di una persona, seppure cagionata da una medesima condotta, dà luogo ad un nuovo evento, e quindi ad un fatto diverso rispetto alla morte di altre persone».
In poche parole non solo la Corte ha deciso che potrà essere celebrato un nuovo processo che riguarderà le nuove vittime comprese nell’ormai noto Eternit-bis, ma ha anche aperto la strada a rivalutare quello vecchio, visto che il capo d’imputazione riguardava il più generico reato di “disastro ambientale”, anziché valutare la responsabilità penale nei confronti delle singole morti. Presente tra le parti civili anche l’Avvocatura dello Stato in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei Ministri. Anche se le eccezioni mosse dagli avvocati del Governo sono state tutte rigettate, è stata indubbia l’importanza simbolica della presenza del Governo schierato al fianco dei cittadini.
«Il pronunciamento della Corte Costituzionale ha riacceso la nostra speranza di giustizia – ha detto il sindaco Palazzetti – Ancora una volta la città di Casale, con la sua determinazione, il suo coraggio, la sua volontà di giustizia, è riuscita ad ottenere che si aprisse un nuovo processo e grazie alla serietà, alla credibilità e alla dignità del suo dolore, avrà al suo fianco, come Parte civile, anche lo Stato».
«La speranza, a questo punto, è che il Tribunale di Torino fissi quanto prima la nuova udienza, in modo da porre termine a questa stasi del processo che, come ha chiarito la Corte, è stata, ai fini di questo processo, del tutto inutile – cita la nota di Afeva – Avanti senza esitazioni, dunque: finché la gente continuerà a morire di amianto, a Casale e nel resto d’Italia, ad opera delle scriteriate condotte di Stephan Scmidheiny e della società da lui diretta, si potrà e si dovrà continuare a chiedere giustizia per le vittime. Questo Afeva ha fatto, negli ultimi trent’anni; questo è quello che continuerà a fare, finché sarà possibile». Sintetico il commento di Federico Riboldi (Fratelli d’Italia). «Si procederà con l’EternitBis – cita la nota del vicepresidente del Consiglio – È un bel giorno per Casale e per i Casalesi. Un giorno giusto». Ma la battaglia non è finita. Ora il fascicolo tornerà al Gup che, nel frattempo è stato trasferito al Tribunale civile, e quindi bisognerà partire da zero e con un nuovo Giudice per le udienze preliminari. Con la speranza che si possa arrivare, prima possibile, ad un rinvio a giudizio.