Un circolo vizioso. Il Messaggio inizia con la storia presentata da due coniugi al Papa in occasione del VII Incontro mondiale delle famiglie (Milano, 1-3 giugno 2012), sulle difficoltà di sopravvivenza della loro piccola azienda. Nell’ascoltare questa “drammatica testimonianza”, sostengono i vescovi italiani nel Messaggio, non hanno “faticato a riconoscervi la situazione di tante persone conosciute” e “care, provate dall’assenza di prospettive sicure di lavoro e dal persistere di un forte senso di incertezza”. Per questo, i presuli si chiedono: “Non ne è forse segno la grave difficoltà nel ‘fare famiglia’, a causa di condizioni di precarietà che influenzano la visione della vita e i rapporti interpersonali, suscitano inquietudine e portano a rimandare le scelte definitive e, quindi, la trasmissione della vita all’interno della coppia coniugale e della famiglia?”. La crisi del lavoro, evidenzia il Consiglio permanente, “aggrava così la crisi della natalità e accresce il preoccupante squilibrio demografico che sta toccando il nostro Paese: il progressivo invecchiamento della popolazione priva la società dell’insostituibile patrimonio che i figli rappresentano, crea difficoltà relative al mantenimento di attività lavorative e imprenditoriali importanti per il territorio e paralizza il sorgere di nuove iniziative”.
Politiche per le famiglie. A fronte di questa difficile situazione, i vescovi italiani avvertono che “non è né giusto né sufficiente richiedere ulteriori sacrifici alle famiglie che, al contrario, necessitano di politiche di sostegno, anche nella direzione di un deciso alleggerimento fiscale”. “Il momento che stiamo vivendo – aggiungono – pone domande serie sullo stile di vita e sulla gerarchia di valori che emerge nella cultura diffusa. Abbiamo bisogno di riconfermare il valore fondamentale della vita, di riscoprire e tutelare le primarie relazioni tra le persone, in particolare quelle familiari, che hanno nella dinamica del dono il loro carattere peculiare e insostituibile per la crescita della persona e lo sviluppo della società”. Quest’esperienza è “alla radice della vita e porta a ‘essere prossimo’, a vivere la gratuità, a far festa insieme, educandosi a offrire qualcosa di noi stessi, il nostro tempo, la nostra compagnia e il nostro aiuto. Non per nulla San Giovanni può affermare che ‘noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli’”.
Solidali nelle difficoltà. “Troviamo traccia di tale amore vivificante – scrivono i vescovi – sia nel contesto quotidiano che nelle situazioni straordinarie di bisogno, come è accaduto anche in occasione del terremoto che ha colpito le regioni del Nord Italia. Accanto al dispiegamento di sostegni e soccorsi, ha riscosso stupore e gratitudine la grande generosità e il cuore degli italiani che hanno saputo farsi vicini a chi soffriva”. In questa, come in tante altre circostanze, sottolinea il Messaggio, “si riconferma il valore della persona e della vita umana, intangibile fin dal concepimento; il primato della persona, infatti, non è stato avvilito dalla crisi e dalla stretta economica. Al contrario, la fattiva solidarietà manifestata da tanti volontari ha mostrato una forza inimmaginabile”. Tutto questo, si legge ancora nel testo, “ci sprona a promuovere una cultura della vita accogliente e solidale. Al riguardo, ci sono rimaste nel cuore le puntuali indicazioni con cui Benedetto XVI rispondeva alla coppia provata dalla crisi economica: ‘Le parole sono insufficienti… Che cosa possiamo fare noi? Io penso che forse gemellaggi tra città, tra famiglie, tra parrocchie potrebbero aiutare. Che realmente una famiglia assuma la responsabilità di aiutare un’altra famiglia’”.
La logica del dono. Per i vescovi italiani, “la logica del dono è la strada sulla quale si innesta il desiderio di generare la vita, l’anelito a fare famiglia in una prospettiva feconda, capace di andare all’origine – in contrasto con tendenze fuorvianti e demagogiche – della verità dell’esistere, dell’amare e del generare”. In realtà, “la disponibilità a generare, ancora ben presente nella nostra cultura e nei giovani, è tutt’uno con la possibilità di crescita e di sviluppo: non si esce da questa fase critica generando meno figli o peggio ancora soffocando la vita con l’aborto, bensì facendo forza sulla verità della persona umana, sulla logica della gratuità e sul dono grande e unico del trasmettere la vita, proprio in una situazione di crisi”. “Donare e generare la vita – concludono i presuli – significa scegliere la via di un futuro sostenibile per un’Italia che si rinnova: è questa una scelta impegnativa ma possibile, che richiede alla politica una gerarchia di interventi e la decisione chiara di investire risorse sulla persona e sulla famiglia, credendo ancora che la vita vince, anche la crisi”.